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Cribbio, Monti e Pd nel panico per due idee fiscali (del Cav)

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Silvio rimonta perché su lavoro e imposte parla chiaro e offre soluzioni. Bersani e il Prof, incapaci di proposte concrete, si aggrappano allo spread e alla Merkel. E perciò affondano

Andrea Tempestini
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  di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet Che cosa succederebbe se il cavallo del Cavaliere vincesse la corsa elettorale? A chiederselo, nel suo sermone domenicale sulla prima pagina di Repubblica, è stato Eugenio Scalfari. Un articolo della consueta brevità, in cui il fondatore del giornale radical chic tratteggiava i peggiori scenari. Esclusi maremoti ed eruzioni vulcaniche per l'ex direttore ogni altra catastrofe sarebbe possibile, compreso il crollo della credibilità internazionale del nostro Paese, la rottura in due dell'Italia per via del programma leghista di trattenere le tasse dove le si paga, la guerra con la Germania. Ma più di ogni altra disgrazia, la nostra economia finirebbe travolta dallo spread. Già, lo spread. Un anno e mezzo fa fu decisivo nel far fuori  Berlusconi e dunque anche in vista del voto del 24 febbraio non poteva rimanere escluso dalla competizione elettorale. Ad arruolarlo per primo, sparandolo contro il leader del centrodestra, come dicevamo, è stato Scalfari, il quale lo ha citato come conseguenza inevitabile di una vittoria del Cavaliere.  E per confermare la profezia di Barbapapà, ecco che subito, appena Silvio ha aperto bocca rivelando le sue proposte choc per rilanciare l'economia, il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi ha cominciato ad allargarsi. Niente di drammatico - 285 punti, molti meno di quelli toccati nel 2011 - ma una  crescita sufficiente a far ripartire le accuse.  Pure la Borsa è andata giù di brutto (-4,5 per cento) e sebbene sia evidente che a trascinarla al ribasso sia stata la situazione delle banche e in particolare di quella che fa capo al Pd, la sinistra l'ha messa in collo a Berlusconi. Non ha importanza che a cadere ieri siano stati non solo i titoli di Stato italiani, ma anche quelli spagnoli e anche che la stessa Borsa di Madrid sia andata maluccio: l'importante è dare addosso all'uomo nero, addebitandogli tutti i mali e tutti i pericoli del mondo. Che questo sia il leitmotiv che ci delizierà da qui al giorno del voto è cosa pacifica, perché dopo essersi cullati a lungo nell'idea che Bersani avesse la strada spianata verso Palazzo Chigi, giornalisti e uomini politici di centrosinistra hanno scoperto che l'esito del 24 febbraio è tutt'altro che scontato. Il primo a suonare l'allarme era stato a metà gennaio il sociologo Luca Ricolfi, che sulla Stampa di Torino aveva scritto un articolo dal titolo «E se vincesse ancora Berlusconi?».  Nel Pd l'editoriale era stato giudicato un esercizio di fantapolitica e tutti avevano negato la possibilità di una rimonta del Cavaliere. Ma rileggendo il fondo si capisce che ancora una volta, per eccesso di snobismo, i progressisti  hanno sottovalutato l'ex presidente del Consiglio, vendendo la pelle dell'orso prima d'averlo impallinato. Ricolfi nell'articolo invitava il centrosinistra a non scartare completamente l'ipotesi di una vittoria di Berlusconi. Innanzi tutto perché i sondaggi che attribuivano un successo senza ostacoli a Bersani avrebbero potuto essere farlocchi e poi in quanto, sui temi delle tasse e del lavoro, il leader del centrodestra appariva ai suoi occhi più convincente dei concorrenti. Secondo il sociologo le persone soggette a interviste non sempre dicono il vero ed esiste la possibilità che in materia economica il linguaggio franco e netto del Cavaliere faccia presa più di quello del candidato della sinistra e perfino di Mario Monti.  «Insomma, se fossi Bersani dormirei  ancora sonni tranquilli», concludeva Ricolfi, «ma non tranquillissimi, però». Le previsioni del sociologo torinese di area Pd non sono andate molto lontano dal vero. Non so se Berlusconi vincerà le elezioni, ma è certo che in poche settimane ha accorciato le distanze con il suo principale avversario. Secondo l'ultimo sondaggio realizzato da Tecné per  Sky Tg24,  il centrodestra sta a un'incollatura dalla sinistra: a separarli ci sarebbero solo quattro punti. Mentre per la rilevatrice preferita dal Cavaliere, che però oltre ad essere nelle grazie  di Silvio spesso ci azzecca, il distacco sarebbe ancor minore. In pratica, a tre settimane dal voto, i giochi si sarebbero improvvisamente riaperti e, a sorpresa, il Pdl insieme con gli alleati potrebbe farcela. Se non a vincere, per lo meno a impedire la vittoria di Bersani e di Monti. Si spiega così la reazione isterica dei giornali e dei partiti, più di quella dei mercati. Colleghi e politici si sono accorti che un Berlusconi già troppe volte dato per morto è di nuovo resuscitato. Così Scalfari evoca lo spread e attacca gli elettori che ancora danno credito al «pifferaio di Arcore», accusandoli di abboccare alla demagogia berlusconiana e di credere perfino agli asini che volano. Ma la realtà è molto più semplice e ancora una volta viene in soccorso Ricolfi, il quale, per spiegare la capacità del Cavaliere di intercettare gli umori della gente, scriveva che sul tema del fisco la sinistra non è credibile, avendo la spesa pubblica e le imposte nel suo dna; così come Mario Monti, che i mali dell'Italia li ha curati innanzitutto con maggiori tasse, mentre il Cavaliere ha dalla sua la prova di aver eliminato l'Ici. Stessa cosa sul lavoro. Monti ha fatto una riforma che ha aggravato la disoccupazione e ora annuncia di voler cambiare di nuovo le regole; la sinistra  si limita ad affermazioni generiche, assicurando di voler mettere il lavoro al centro; Berlusconi promette misure per le assunzioni dei giovani senza pagare un euro di tasse e contributi: una proposta che chiunque capisce.  Il problema dunque non è, come pensa Scalfari, che gli elettori di centrodestra siano stupidi né che credano agli asini che volano: gli italiani votano il Cavaliere perché  dice cose concrete, sul fisco e sul lavoro. È su questi temi che si combatte la nuova lotta di classe, anzi di tasse. E agitare lo spread, il rischio Paese, le opinioni della Merkel non servirà a far cambiare idea alle persone. Perché, sull'occupazione, la ripresa economica e la pressione fiscale ciò che vuol fare Berlusconi è chiaro e comprensibile. Che cosa faranno Bersani e Monti è un mistero. Che nessuno ha intenzione di comprare a scatola chiusa.  

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