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Taglio delle tasse: il piano non esiste e Renzi se la fa sotto. L'editoriale di Maurizio Belpietro

Maurizio Belpietro
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Il Pil dell'America vola, quello della Spagna sale, il nostro sta fermo al palo: l'errore dov'è? Ovvio, in Italia. Una spiegazione per un simile andamento c'è. Gli Stati Uniti sono il Paese più flessibile che ci sia dal punto di vista del mercato del lavoro, ma sono anche il posto dove il Fisco grava di meno su aziende e dipendenti. Anche la Spagna ha introdotto elementi di flessibilità per quanto riguarda i lavoratori, riducendo le imposte che gravano sull'impresa. Chi fino a ieri invece le tasse le aumentava e nel ramo occupazione si muoveva alla velocità della lumaca è il nostro Paese e i risultati appunto viaggiano di pari passo. Ora Renzi promette di mettere mano alla questione, tuttavia i decreti attuativi che dovevano consentire la nascita dell'Agenzia unica per il lavoro e il varo dei nuovi ammortizzatori sociali per ora sono rinviati. Tempi tecnici, dicono le fonti più autorevoli, ma forse col ritardo ha qualche cosa a che fare la delicata partita della riforma del Senato e la necessità del presidente del Consiglio di non innervosire troppo la minoranza del Pd. Quanto alle tasse, per ora siamo alle promesse, perché è vero che l'esecutivo ha messo nella busta paga dei lavoratori che guadagnano meno i famosi 80 euro, ma il vantaggio è stato azzerato dalla crescita delle imposte locali, che dal 2011 ad oggi, ossia con Monti, Letta e Renzi, è stata del 43 per cento.

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