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Matteo-Giamburrasca ha già deluso i suoi tifosi

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Da «Repubblica» al «Corriere» fioccano i dubbi. Ministri troppo inesperti e spesso con idee opposte tra loro

Matteo Legnani
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Nemmeno i più sfegatati supporter hanno potuto nascondere ieri la propria delusione. Chi in queste settimane ha sostenuto le ragioni che hanno portato Matteo Renzi a licenziare brutalmente Enrico Letta per prenderne il posto, dopo la presentazione della nuova squadra di governo ha dato prova di un totale smarrimento.  A Ezio Mauro, da tempo principale portabandiera del renzismo, non sono venute neppure le parole, tanto che, sotto il titolo «A misura di premier», ha dedicato alla nascita del nuovo esecutivo appena quaranta righe. Incipit fulminante: «È un governo Renzi, e poco altro. Molte novità, poche personalità».  Conclusione: «L'acrobata è sul filo, da solo e senza rete».  Quasi che all'improvviso il direttore di Repubblica si sia reso conto di chi ha contribuito  a mandare a Palazzo Chigi:  un giovanotto spericolato, un giocatore d'azzardo, un brillante giocoliere. Non molto diversa la reazione degli altri commentatori, a cominciare da quelli del Corriere della Sera, altro quotidiano che al sindaco di Firenze ha spesso strizzato l'occhio. Sotto il titolo «Esuberante debolezza», Antonio Polito ha elencato ieri i limiti del nuovo governo, a cominciare dalla sostituzione di Emma Bonino con una inesperta  Federica Mogherini per finire al cambio in corsa che ha portato Andrea Orlando alla guida della Giustizia. «Si può insomma dire che la vera innovazione  del “Renzi” è Renzi stesso, il più giovane premier, per giunta extraparlamentare,  dall'Unità d'Italia ad oggi e uno dei più ambiziosi.  È lui la forza gravitazionale su cui si basa il governo, perché se cade lui, cade anche l'ultima chance della legislatura e si fanno male in molti». Si potrebbe continuare con altri quotidiani, ma i toni non si discosterebbero molto da quelli di Mauro e Polito. Per la prima volta i giornali della classe dirigente, quelli che hanno affiancato l'ascesa del Pierino toscano ai vertici della Repubblica, si rendono conto a chi hanno messo in mano le sorti del Paese. Se si escludono Angelino Alfano, Maurizio Lupi, Dario Franceschini  e pochi altri, il governo appena nato è un concentrato di inesperienze. Qualche sindaco e tanti giovani di belle speranze. Tra i 16 ministri ci sono anche persone con  curriculum di tutto rispetto, ma che non sanno nulla della macchina amministrativa che da domani dovranno condurre, dunque esiste il concreto rischio di un salto nel buio e che l'esecutivo finisca contro il muro. Soprattutto perché le vetture di solito sono condotte da un solo guidatore e in genere i passeggeri si mettono d'accordo fra di loro sulla direzione da prendere e sulla destinazione da raggiungere.  Al contrario, sulla sua macchina Renzi ha fatto salire gente che ha tutta l'aria di voler andare in direzioni opposte a quella dei compagni di viaggio. Come si farà infatti a mettere d'accordo un uomo come Pier Carlo Padoan, cioè un sacerdote del rigore e delle tasse, con Federica Guidi, cioè una manager di Confindustria vicino all'area liberale? E che cosa avrà a che spartire con i due citati prima l'ex capo della LegaCoop Giuliano Poletti? Che cosa si vuole:  trasferire la contrattazione direttamente a Palazzo Chigi, cioè estendere dentro il governo la concertazione? La sensazione è che pur di veder nascere il governo da lui guidato, il neo presidente del  Consiglio abbia cercato di accontentare un po' tutti, dall'Europa all'associazione degli industriali a quella del mondo cooperativo di sinistra. Una specie di lottizzazione coordinata e continuativa, che però non dice qual è la direzione che l'esecutivo guidato da Matteo Renzi intende prendere.   Né contribuiscono a tranquillizzare le parole di Olli Rehn, commissario europeo agli affari economici, il quale commentando ieri la nomina di Pier Carlo Padoan ha dichiarato che il nuovo ministro sa quello che deve fare, quasi che per l'Europa tutto sia già deciso da tempo e dunque Padoan non ha bisogno di suggerimenti per introdurre l'imposta patrimoniale di cui  è un gran sostenitore. In assenza di nomi forti e di personalità capaci di indicare quale sarà la strada che Renzi percorrerà nei prossimi mesi, molti hanno messo in luce la giovane età della squadra, quasi che da sola questa possa contribuire a una svolta.  Tuttavia, come commentava ieri un politico di maggioranza, c'è stato un tempo in cui un leader politico e un partito adottarono il mito della giovinezza e la tradussero anche in un inno, ma l'esperimento non finì  molto bene. Per tranquillizzare i suoi critici, uscendo dal Quirinale e presentando la sua squadra, Matteo Renzi ha perciò annunciato che con il nuovo governo si giocherà la faccia. Certo, ovvio che sarà così, ma noi con lui ci giochiamo il Paese. E per quanto ci riguarda l'Italia ci sta più a cuore del suo volto di Giamburrasca strafottente. di Maurizio Belpietro

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