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Lo 007 israeliano: dateci l'Isis e lo distruggiamo

Matteo Legnani
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Questione di punti di vista. Certo, le immagini dei giornalisti occidentali decapitati dai tagliagole dell'Isis nel deserto al confine tra Siria e Iraq sono terribili per chiunque abbia un minimo di sensibilità e di pietà umana. Ma, in questi giorni di allarme per le minacce del califfato islamico all'Occidente, c'è chi non vede tutto 'sto pericolo e considera i tagliagolo di Al Baghdadi alla stregua di altre organizzazioni terroristiche. O addirittura meno. Amos Yadlin, in un editoriale sul quotidiano israeliano "Yedioth Ahronoth" ripreso da "Il foglio" di Giuliano Ferrara, scrive che gli uomini dell'Isis non sono altro che "qualche migliaio di miliziani a bordo di pick-up, con Kalashnikov e mitragliatrici". Per l'ex direttore dell'intelligence militare israeliana, "anche contando le altre milizie che vi si sono aggregate, lo stato islamico può contare su non più di diecimila combattenti, ossia la metà della forza militare di Hamas. E quando si troverà davanti una forza militare moderna e organizzata, il gruppo dovrà smontare dai suoi pick-up e questo ridurrà ulteriormente la sua capacità di muovere". Yadlin spiega che "se lo stato islamico avesse concentrato i suoi sforzi su Israele invece che sull'Iraq, sarebbe diventato una preda facile per l'intelligence israeliana, per l'aviazione e per le armi di precisione a disposizione delle nostre forze di terra". Tra l'altro, il gruppo ha fin qui ottenuto due risultati quantomeno discutibili: "Ha unito contro di sè una coalizione vastissima che va dalla Russia alla Turchia, dall'Iran agli stati del Golfo, dalle potenze europee agli Usa e ha di fatto riportato le forze armate americane sul suolo dell'Iraq durante il mandato dell'amministrazione Obama". Il vero pericolo, conclude il generale, è che l'attenzione del mondo sia deviata da quello che è il vero pericolo non solo per Israele, ma per tutti gli equilibri del Medioriente: "Il programma nucleare iraniano".

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