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Isis, le drammatiche confessioni delle schiave dei jihadisti: sesso, umiliazioni e violenza

Giulio Bucchi
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Vendute, chi per 5 dollari al bazar chi per cifre decisamente superiori, violentate, messe incinta, costrette a vivere con i loro padroni jihadisti: è la terribile sorte di molte donne jazide che tra Iraq e Siria diventano schiave degli uomini del Califfato. La strategia dello Stato islamico è chiara: nei territori conquistati gli uomini vengono uccisi, se possibile con esecuzioni pubbliche e magari pubblicate sul web, mentre le ragazze finiscono negli harem dei signori della guerra o più semplicemente vengono obbligate a sposare militanti islamici, del luogo o meno. Le storie delle donne-schiave - Mentre Samra e Sabina, le due ragazzine austriache fuggite in Siria ad aprile per combattere la guerra santa, si sarebbero pentite e vorrebbero tornare in Europa, Associated press e Daily Mail rendono note altre storie drammatiche. Una 15enne ha raccontato di essere stata rapita a Tal Afar e portata prima a Mosul quindi nella capitale dello Stato islamico, Raqqa (dove sarebbero oggi Samra e Sabina). "Sono stata venduta in Siria - ha spiegato -. Per cinque giorni sono riuscita a stare insieme a due delle mie sorelle. Poi una è ritornata a Mosul. Io invece sono rimasta lì". E' riuscita a sparare ai suoi rapitori, poi però non ha saputo dove andare ed è stata rivenduta dai militanti dell'Isis ad un saudita, per 1.000 dollari. Le hanno cambiato il nome in Abeer ("Così tua mamma non ti riconoscerà più") ma ha rifiutato di convertirsi all'Islam. Infine, l'ultimo gesto di coraggio: ha versato del veleno nella tazza del suo promesso sposo, è scappata dalla casa ed è riuscita a raggiungere la Turchia, dove si è riunita con il fratello e ha pagato la propria libertà versando 2.000 dollari a un contrabbandiere, a Dahuk. Forse ancora più drammatica la vicenda della 19enne Amsha Ali: l'hanno rapita quando era incinta di 6 mesi, "l'ultima volta che ho visto mio marito era a terra e stava per essere fucilato". L'hanno portata a Mosul ma non l'hanno violentata, "forse perché ero incinta". Le altre che erano con lei, ragazze e bambine, non sono però state risparmiate. Poi la fuga, di notte, scivolando fuori da una finestra del bagno. Grazie all'aiuto di un uomo ha raggiunto il territorio curdo ricongiungendosi con suo padre e sua sorella, scampata al rapimento dei jihadisti.  L'ultima provocazione dei jihadisti - Nel frattempo non si ferma l'offensiva del Califfato a Kobane, città siriana al confine con la Turchia in cui si rischia il massacro. Dopo un mese di assedio la resistenza curda è allo stremo e i raid aerei degli Stati Uniti non bastano. Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu, ha rilanciato un ennesimo appello per un'azione urgente. Ma poco si muove e i miliziani dell'Isis contano i giorni che li separano dalla presa di uno degli snodi cruciali di questa guerra, prima di puntare su Baghdad già sottoposta ad attentati negli ultimi giorni. E sull'onda dei successi militari aumenta anche il tiro della propaganda. La rivista ufficiale dell'Isis, Dabiq, mostra una prima pagina-choc sul suo ultimo numero: una bandiera nera che sventola sull'obelisco di piazza San Pietro, centro della Cristianità. Si tratta dell'ultima minaccia all'Occidente e alla sua "crociata fallita", come proclama il titolo. Barack Obama viene indicato come "il leader del male" mentre le vittime musulmane dei tagliagole jihadisti sono liquidate come "danni collaterali". La promessa per i "romani" è una sola: "Vi porteremo l'Apocalisse".

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