Le Pen verso linea Bolsonaro, tremano ex terroristi
Francia
Roma, 15 gen. (AdnKronos) - Marine Le Pen ha salutato l'arresto di Cesare Battisti e la "vittoria di Matteo Salvini" e ha denunciato la "vergogna" della protezione assicurata dalla Francia a Battisti per tanti anni. "Non possiamo più permetterci di considerare la Francia come un rifugio per coloro che hanno ucciso degli innocenti", ha dichiarato oggi Marine Le Pen parlando con l'Adnkronos, a commento della vicenda Battisti e di quella dei tanti terroristi italiani degli anni di piombo che si sono rifugiati Oltralpe. "Il nostro paese - sottolinea - è stato duramente colpito dal terrorismo: prima dall'estrema sinistra e poi, negli ultimi anni, da quello islamista". "Non mi stupisce da parte dei governanti sinistrorsi che abbiamo dovuto subire. I sinistrorsi, si sa, proteggono i sinistrorsi", aveva detto appena pochi giorni fa. Come lei, prima di lei, era stato il brasiliano Jair Bolsonaro, già durante la campagna per le presidenziali, ad attaccare il suo predecessore Ignacio Lula Da Silva e la sinistra brasiliana, accusati di aver protetto e coperto Battisti. Bolsonaro aveva assicurato che in caso di vittoria avrebbe restituito il terrorista rosso. Un "regalo" al ministro Matteo Salvini, esponente dell'asse che include il Rassemblement National della stella del sovranismo francese e che si avvia con speranze di vittoria verso l'appuntamento elettorale di maggio, quando gli elettori saranno chiamati a rinnovare il parlamento europeo. Un voto che sicuramente - in caso di successo della formazione di estrema destra francese - potrà avere un'eco nel panorama politico del paese, dove Emmanuel Macron resta in difficoltà anche a causa della rivolta dei gilet gialli. Le parole di Le Pen rimandano alla cosiddetta 'dottrina Mitterrand', e alludono al folto gruppo di italiani che in nome di quella dottrina ha trovato riparo in Francia. Mitterrand riteneva che la Francia potesse accogliere sul proprio territorio gli ex terroristi italiani la cui situazione adempisse rigorosamente a due criteri: dovevano aver rinunciato esplicitamente all'uso della violenza e non dovevano essersi sporcati le mani di sangue. Ad oggi sono ancora decine i ricercati per fatti di terrorismo che hanno potuto trovare ospitalità in Francia per effetto di questa dottrina poi di fatto abrogata solo all'inizio del millennio. Secondo dati forniti all'AdnKronos dal Crst, il Centro ricerca sicurezza e terrorismo diretto da Ranieri Razzante, sono circa una trentina i latitanti ancora in Francia sul totale di circa 50 in tutto il mondo. Il resto si divide tra Nicaragua, Brasile, Argentina, Cuba, Libia, Angola, Algeria. Le loro biografie sono contenute in un volume che la Direzione centrale della polizia criminale tiene costantemente aggiornato. Tra i nomi più significativi quello di Giorgio Pietrostefani, fondatore con Adriano Sofri di Lotta Continua, condannato a 22 anni per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi. Pietrostefani, già residente in Francia, tornò volontariamente per il processo e fu arrestato nel 1997. Scarcerato nel 1999 per la revisione del processo e condannato ancora nel 2000, per sottrarsi all'esecuzione della condanna definitiva si è reso latitante rifugiandosi nuovamente in Francia. Vi sono anche le ex brigatiste Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, entrambe condannate all'ergastolo nel processo Moro ter e chiamate in causa anche per i delitti D'Antona e Biagi. Ha trovato rifugio in Francia anche Sergio Tornaghi, 60 anni, milanese, ex brigatista condannato all'ergastolo per partecipazione a banda armata e destinatario di un mandato di cattura internazionale. Tornaghi era esponente della colonna brigatista milanese 'Walter Alasia'. Nel nord della Francia si troverebbe anche Giovanni Alimonti, leader delle Br-Pcc condannato a 22 anni al processo Moro ter. In Francia anche Giancarlo Santilli, ex militante di Prima Linea su cui grava una condanna a 19 anni. Stesso rifugio transalpino per Marina Petrella, condannata all'ergastolo per omicidio, che si è vista riconoscere dalla Francia lo status di rifugiato politico e ha così potuto evitare di scontare la pena detentiva.