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Pussy Riot, Nadia trasferita in Siberia. Il marito: "E' una punizione"

Aveva denunciato le condizioni infernali dei campi di lavoro, senza pensare alle conseguenze. Il rappresentante diritti umani però rassicura: "Ora sta bene e mangia"

Francesca Canelli
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Il 2 novembre il marito ne aveva denunciato la scomparsa. Oggi la notizia: Nadezhda Tolokonnikova, una delle Pussy Riot condannate a due anni di prigione per la protesta contro Putin inscenata nella cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca, è stata trasferita in un campo di lavoro in Siberia, a oltre 4.500 chilometri dalla capitale russa. Ad esserne sicuro è il marito, Piotr Verzilov, che lo scrive nei 140 caratteri di Twitter, precisando che "è in corso il trasferimento". Di solito questi spostamenti avvengono in treno lungo la Transiberiana, e durano diverse settimane. Tolokonnikova aveva iniziato a settembre uno sciopero della fame per protesta alle condizioni di lavoro forzato del carcere in Mordovia in cui si trovava.  La sua protesta era stata interrotta quando, per le sue condizioni di salute era stata ricoverata in ospedale, ottenendo dalle autorità la promessa di un trasferimento. Secondo il marito, Nadia "è stata trasferita lontano come punizione per l'eco che ha avuto la sua lettera" in cui denunciava violenze e violazioni dei fondamentali diritti umani. Una vera e propria deportazione, quindi, che dà un'idea del clima che ancora vige nella Russia di Putin. Il rappresentante per i diritti umani della Russia, Vladimir Lukin, ha comunque assicurato che le condizioni di salute di Tolokonnikova sono soddisfacenti e che è sotto controllo medico. "Sta mangiando e dicono che la sua salute sia accettabile". Resta reclusa in isolamento, ha aggiunto Lukin, per ragioni legate alla sua sicurezza.

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