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Brexit, gli inglesi se ne vanno dall'Unione europea ma con il malloppo in tasca. Beati loro due volte

Giulio Bucchi
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Nigel Farage, senza possibilità di dubbio l' uomo che meglio rappresenta la Brexit e tra quelli che più hanno fatto per ottenerla, sostiene che dei soldi che gli spettano dall' Europa «non prenderà un penny». Il generoso Europarlamento calcola la buona uscita dell' ex parlamentare moltiplicando uno stipendio mensile per il numero di anni di permanenza, e quindi all' ex leader dell' Ukip, per vent' anni (1999) seduto di malavoglia nell' emiciclo comunitario, dovrebbero spettare qualcosa come 178mila euro. Due anni fa, in pieno marasma Brexit, disse che invece quei soldi li avrebbe presi e che comunque l' Europa non glieli avrebbe mai dati, ma evidentemente in questi due anni ha guadagnato abbastanza, lo scorso anno 360mila euro solo in consulenze, per poter farne a meno.  Leggi anche: "In Inghilterra festeggiano, noi abbiamo Conte". Maglie brutale: fate voi il paragone La pattuglia - Quei soldi invece farebbero comodo agli altri parlamentari inglesi che rimarranno a bocca asciutta in quanto eletti da troppo poco tempo, ovvero meno di quell' anno stabilito dalle regole parlamentari per avanzare qualsiasi pretesa. Gli ormai ex eurodeputati inglesi, eroici 73 rimasti dopo 47 anni di avventura sul continente, dovranno senza eccezioni restituire entro il 7 di febbraio badge di accesso, lasciapassare Ue, schede di voto, chiavi dell' ufficio, iPad e laptop, nonché i pass che consentono di viaggiare gratuitamente sulla rete ferroviaria belga SNCB. Alla maggiorparte di loro, cioè a tutti i nuovi, non spetta neanche la pensione, che invece Farage intascherà a iniziare dal 2030, cioè da quando avrà compiuto 65 anni. Seimila euro mensili cui ben difficilmente dirà di no. Ieri è stato l' ultimo giorno di lavoro anche per tutto il personale inglese con sede a Bruxelles che se n' è andato come previsto senza alcun festeggiamento. L' Europa dovrà pagare loro indennità e pensioni, secondo le regole. In fin dei conti da questo punto di vista dunque la Comunità non pagherà niente di più di quanto non fosse già previsto e anzi avrà di che risparmiare, venendo a mancare diversi stipendi. Non è una novità invece che il problema per l' Europa inizierà dal prossimo anno, quando non entreranno più nelle casse quei 16 miliardi che la Gran Bretagna versa ogni anno come quota comunitaria. Ovviamente, siccome nel frattempo il budget europeo non è cambiato, anzi è cresciuto a 168 miliardi, bisognerà coprire il "buco" spalmando la cifra sui rimanenti Stati. Un' operazione che verrà fatta secondo gli stessi criteri di ricchezza e produzione utilizzati per calcolare l' attuale quota di ciascun Paese. Tocca a noi saldare - Alla Germania, la Francia e l' Italia, i tre membri che già pagano di più, toccherà quindi pagare la fetta più grande. Secondo i primi calcoli il nostro contributo che attualmente è di 16 miliardi circa, potrebbe salire di circa 800 milioni. Qualche tempo fa Boris Johnson, prima di diventare premier, sostenne che che l' Inghilterra avrebbe potuto anche pretendere la restituzione di 9 miliardi di sterline (10,6 miliardi di euro) dalla Banca europea di investimenti (Bei) e di altri 14 miliardi di sterline, in liquidità e beni immobiliari, ma d' altra parte anche Bruxelles aveva fissato il conto per Londra a circa 60 miliardi di euro. Tutte queste cifre sono ancora da definire con esattezza nel corso dell' anno, il che significa che la Brexit è fatta, ma in realtà non si sa ancora se è hard o soft. di Carlo Nicolato

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