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Cina, dal 2014 per fare il giornalista obbligatorio esame su ortodossia e fedeltà al regime

Tra le materie "il marxismo delle notizie" e l'etica professionale (per la quale i media sono sottoposti al partito). Chi non lo supera, non scrive

Roberto Procaccini
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Dal 2014 i giornalisti cinesi dovranno dimostrare la propria ortodossia e fedeltà al regime superando un apposito esame professionale. I cronisti dell'ex impero Celeste dovranno studiare un tomo da 700 pagine che contiene tutte le regole del perfetto operatore dell'informazione che si muove sotto l'occhio vigile del Partito Comunista cinese. Per capire il tenore del manuale di studio, basti dire che vi si trova il divieto di pubblicare articoli critici verso la linea generale del Pcc e si mette nero su bianco che i media (tutti pubblici) sono sottoposti al potere politico. Ma non si parli di "stretta censoria." Secondo il Dipartimento Generale della Stampa e dell'Editoria cinese, authority dei media nazionali, l'introduzione dell'esame è solo uno strumento per "aumentare il livello di qualità dei giornalisti” cinesi. Prima di potersi presentare di fronte alla commissione esaminatrice, i cronisti dovranno seguire un corso di almeno 18 ore di aggiornamento su alcuni temi specifici, come i valori marxisti delle notizie e il socialismo con caratteristiche cinesi. Anche l'etica giornalistica inserita in questa nuova scala di valori sarà materia di interrogazione. Chi non supera l'esame non può riprendere l'attività professionale, ma dovrà seguire di nuovo il corso e sostenere l'esame. Non è noto, invece, che succede ai cronisti che si rifiutano di sottoporsi al test.

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