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Svezia, il paradiso dei no-vax? Balle spaziali, pass e siero: come stanno (davvero) le cose

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Alessandro Gonzato
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Se un italico No vax, uno di quelli duri e puri, dovesse decidere di trasferirsi all'estero, sicuramente sceglierebbe la Svezia. L'aringa acida del Baltico (surströmming) al posto della pasta al pomodoro sarebbe un sacrificio, ma vuoi mettere la «Li-ber-tà»? L'aringa acida viene venduta in barattoli e consumata all'aperto per via dell'odore. In Svezia ci sono comunque zuppe buonissime. Niente restrizioni quindi da quelle parti? Un corno: ci sono eccome! Per un anno e mezzo sono state blande, va detto, e nessuno girava con la mascherina. Da qualche tempo però il governo ha stretto le maglie.

 

 

E allora perché i No vax indicano la Svezia come il Paese di Bengodi? Semplice: lo fanno a caso. Primo: il 74% degli svedesi sopra i 12 anni ha completato il ciclo vaccinale e il 28% ha ricevuto la terza dose (statistiche ourworldindata e Lab24). Non sono numeri particolarmente elevati ma in ogni caso superiori alla media Ue. Secondo: paragonare una nazione di 10 milioni d'abitanti a una di 60, con una densità di 23 persone per chilometro quadrato contro le nostre 196 non ha il minimo senso, ma vabbè. Terzo, entriamo nel dettaglio delle regole, per arrivare in Svezia non basta essere vaccinati o guariti da meno di 6 mesi, serve un tampone negativo effettuato entro 48 ore dallo sbarco. Per le vie di Stoccolma non c'è un'aria pesante, anzi, e però bar e ristoranti (massimo in 8 per tavolo e durante le vacanze di Natale tassativamente niente servizio al banco) chiudono alle 23, per partecipare a eventi e fiere coltre le 500 persone serve il Green pass (non si può stare in gruppi di più di 8) e la premier Magdalena Andersson ha ripristinato in larga parte lo smart-working: può permetterselo, dato che la pubblica amministrazione è tra le più efficienti al mondo.

«Dobbiamo assumerci una responsabilità collettiva», ha detto il primo ministro. La settimana scorsa la Svezia ha toccato i 60 mila contagi in un giorno. Il mito dei Paesi scandinavi No vax friendly si infrange anche contro la Danimarca: 80% di popolazione vaccinata, 35% di "booster", regole simili alla Svezia (ristoranti e cinema chiusi dopo le 23), obbligo di tampone prima dell'arrivo a prescindere dallo stato di vaccinazione. La Danimarca mercoledì ha anche annunciato il via alla quarta dose. In Finlandia un milione e mezzo di persone sulle 5,5 totali si è sottoposto alla terza. In Norvegia 2 milioni su 4,4. Penisola nordica esaurita. Sì ok ma in Spagna... Rilancerà qualche irriducibile. In Spagna, uno dei Paesi europei col più alto tasso di vaccinazione, il governo sta sì valutando di cambiare drasticamente le regole della quarantena (sul modello inglese) e di trattare il virus come endemico, ma le 17 comunità autonome hanno un certo margine di libertà decisionale.

 

 

Per intenderci, la Catalunya sotto Natale ha ripristinato il coprifuoco (che non sia stato rispettato da tutti è un altro discorso) e le isole Canarie hanno 4 livelli d'allerta: la più popolosa, Tenerife, è al quarto, il che per la ristorazione significa capienza al 25% all'interno, al 33 all'esterno e tutto chiuso a mezzanotte. Al livello 3 (Gran Canaria, Fuerteventura, Lanzarote, La Palma) lo stop è all'una. D'accordo, ma in Giappone... In Giappone la quarantena per le persone venute a stretto contatto con positivi dura 14 giorni. Le frontiere sono pressoché sbarrate: l'ingresso è vietato anche agli stranieri titolari di visti di lavoro o studio e all'arrivo i giapponesi residenti devono stare isolati per 14 giorni, 6 in strutture indicate dal governo. Ieri il primo ministro Kishida ha annunciato che «per prevenire il collasso del sistema ospedaliero il governo allenterà le regole sui pazienti Covid adeguando la risposta alle caratteristiche peculiari della nuova variante». E però le restrizioni restano severe e i nipponici le rispettano scrupolosamente. I No vax trovino altre destinazioni.

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