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Ucraina, Sergey Lavrov minaccia l'Italia: "Siete responsabili, dovete comprendere il rischio che correte"

Pietro Senaldi
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Putin ha capito che la strategia dell'Occidente ormai non si limita a tentare di rintuzzare l'invasione dell'Ucraina, rispedendo indietro le truppe russe. L'obiettivo, lo ha detto chiaramente il premier inglese Boris Johnson, anche se poi è stato costretto a rettificare, è destabilizzare la situazione a Mosca, per creare le condizioni che rendano possibile una destituzione dello zar, se non attraverso moti di piazza, tramite trame di palazzo, forse da parte dei suoi stessi gerarchi, anche se al momento non si capisce chi possa essere capace di tanto. Tuttavia per gli Stati Uniti ormai lo zar è come Saddam, Gheddafi o il mullah Omar: con lui non si tratta, va rimosso.

 

 



LO SPETTRO DELLA BOMBA - Il leader russo è quindi passato alle minacce forti. Prima ha evocato la guerra nucleare, poi, attraverso il suo potentissimo ministro degli Esteri, Lavrov, ha cercato di far desistere l'Europa dal dare un appoggio materiale alla resistenza ucraina. Il diplomatico ha accusato la Ue di aver fatto finta di agire da pacificatore in Ucraina «finanziando invece il regime di Kiev, salito al potere con un colpo di Stato». Quindi ha specificato che «i cittadini e le strutture Ue coinvolti nella fornitura di armi letali e carburante alle truppe ucraine saranno ritenuti responsabili di ogni conseguenza di tali azioni nel contesto dell'operazione militare». È un avvertimento a tutti, soprattutto agli italiani che si trovano in Russia: da ieri, giorno in cui il nostro Parlamento ha votato l'appoggio a Kiev, sono considerati nemici. La situazione ormai è precipitata e, come titoliamo oggi, la ricreazione è finita e non ci resta che vincere. L'auspico è che il governo, dopo aver ottimamente illustrato le ragioni del nostro impegno, ora sia in grado di scalare la marcia e reimpostare la propria politica economica secondo il nuovo stato di guerra nel quale ci siamo ritrovati quasi senza accorgercene, pilotati dagli eventi e dalle scelte necessitate che la nostra appartenenza alla Nato e al sistema occidentale comportano.

 

 

 


UN'ALTRA EPOCA - Anche se molti grillini non lo hanno capito e ieri in Parlamento si sono distinti in mortificanti affermazioni, si è voltato pagina. Non si può più flirtare con tutti e cambiare compagni di viaggio, come hanno fatto loro tre volte in questa legislatura. Il premier Draghi ha fatto un discorso che pareva evocare le lacrime e sangue promesse da Churchill agli inglesi all'inizio del secondo conflitto mondiale e Putin a Mosca lo ha realizzato prima di molti in Italia. Il ministro Lavrov ha emesso un comunicato che trasudava menzogne, accusando l'Occidente di «mancato rispetto dei diritti umani, violazione del diritto internazionale, boicottaggio dell'integrazione europea, di aver sempre agito contro il popolo russo e anche di favoreggiamento del terrorismo», visto che le armi che diamo agli ucraini possono finire nelle mani di bande non governative. Tutto più che opinabile ma nelle dittature, e per la verità spesso anche nelle democrazie, la propaganda diventa realtà e verità a prescindere da ciò che afferma. Mosca ci accusa di «voler distruggere» la sua economia e promette di resistere alle sanzioni. Putin ha nelle casse 643 miliardi di riserve per tenere duro e continuare a finanziare l'invasione. Il che significa che l'impresa nella quale ci siamo imbarcati non sarà di breve durata e probabilmente nessuno di noi, neppure al governo, sa a che cosa stiamo andando realmente incontro. Per questo il cambio di passo è indifferibile anche in politica interna, da come usiamo i nostri soldi in patria agli scontri sociali sul Covid, dove si registra una allarmante convergenza tra no vax ed estimatori di Putin; motivo per il quale forse è il caso di rimarginare con la fine dello stato d'emergenza la ferita del Green Pass che ha diviso il Paese, anche perché è stato appena annunciato un nuovo stato d'emergenza, che appare più impellente e che necessita il sostegno di tutta la popolazione.

COSA VERRÀ DOPO - Di questa guerra preoccupano essenzialmente tre cose. La prima è fino a dove si potrà spingere Putin. Se, come è tipico degli autocrati, deciderà di morire con tutti i filistei o si fermerà prima di condannare se stesso e il proprio popolo, oltre a buona parte del mondo. E qui non si può escludere nessuno scenario e le parole di Lavrov suonano tremende. Il secondo motivo di angoscia è lo stato di prostrazione economica nel quale ci ritroveremo quando, non si sa, la guerra finirà. C'è poi la preoccupazione che, ancora una volta, dopo aver vinto la guerra, si perda la pace, esattamente come è successo in Libia, Afghanistan e Iraq. E questa, secondo esperienza, è quasi una certezza, perché al solito partiamo senza una strategia, nel ruolo di comparse paganti e senza sapere dove vogliamo arrivare. Per fortuna, almeno stavolta, stiamo provando ad armarci. 

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