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Russia "uccisa" da Vladimir Putin, "titoli di Stato spazzatura": il Paese a un passo dalla bancarotta

Michele Zaccardi
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Due o tre settimane, non di più: questa è l'autonomia finanziaria del Cremlino. Dopodiché Putin sarà costretto a rinunciare alla guerra contro l'Ucraina. Ne è convinto l'economista dissidente, Vladimir Mirov, secondo cui il governo non ha le risorse per proseguire il conflitto. Le sanzioni, infatti, si stanno rivelando un bagno di sangue per la Russia che è a un passo dalla bancarotta e si trova sempre più isolata nei mercati finanziari. Con la Borsa di Mosca chiusa da cinque giorni a causa dei pesanti ribassi e l'impossibilità di attingere a tutti i 640 miliardi di dollari di riserve, la «Fortezza Russia» rischia di essere espugnata. Senza quel denaro la Banca centrale non è in grado di sostenere il rublo e il governo di far fronte ai suoi impegni di pagamento. Secondo l'agenzia di rating Ficht, che ha declassato i titoli di Stato russi al livello "spazzatura", le sanzioni mettono in forse la «volontà di ripagare il debito» da parte del Cremlino. Inoltre, il 16 marzo scadrà una quota di cedole sulle obbligazioni sovrane pari a 100 milioni di dollari e il 4 aprile andranno saldati bond per un valore di 2 miliardi.

 

 

CEDOLE CONGELATE
Nel frattempo, la situazione per Mosca si fa sempre più critica. Dopo la decisione di sospendere i pagamenti delle cedole sui titoli di Stato, ieri le principali agenzie di rating hanno declassato il debito russo un gradino sopra il livello di insolvenza. A Ficht si sono unite infatti anche Standard&Poor e Moody' s, le cui pagelle renderanno molto difficile per Mosca rifinanziare il suo debito. Ma c'è anche un altro termometro da tenere d'occhio. Si tratta dei credit default swap (Cds) sul debito russo, in pratica assicurazioni contro il rischio di fallimento. Ieri questi titoli sono schizzati da 412 punti a 1584: significa una probabilità di insolvenza del 67%. E il collasso del Cremlino si porta dietro anche quello del settore privato. I Cds di Sberbank, la maggiore banca del Paese, sono arrivati a 2400, mentre la Borsa di Londra ha bandito dai suoi listini tutte le società russe. Dopo averne sospese 27 giovedì, incluso il gigante dell'energia Gazprom e Sberbank, ieri è toccato alle ultime otto rimaste. Alle sanzioni occidentali Putin ha reagito vietando ai russi di portare denaro fuori della Russia e imponendo rigidi controlli sui capitali in uscita dal Paese. Misure che, per ora, non hanno dato grandi risultati. Secondo una nota della banca d'affari Jp Morgan, «le sanzioni lasceranno il segno sull'economia, che sembra dirigersi verso una profonda recessione», con un calo del Pil del 7%. Per la Russia sarebbe una performance peggiore di quella seguita al default del 1998, quando si registrò una contrazione del 5,3%. Tuttavia, i provvedimenti adottati finora hanno lasciato fuori la fonte di finanziamento principale del Cremlino: i proventi dalle esportazioni di energia. Si tratta di soldi che fanno comodo a Putin e con i quali può finanziare il conflitto in Ucraina. Dall'estero, infatti, arrivano in Russia ogni mese 20 miliardi di dollari dalla vendita di petrolio e gas. Per evitare un blocco delle forniture, l'espulsione dal circuito dei pagamenti internazionali Swift, decretata dall'Ue per sette banche russe, non ha riguardato Sberbanke Gazprombank, sulle quali transita il denaro destinato all'acquisto di metano e greggio. Su questo punto, però, sembra che qualcosa stia cambiando.

 

 

NUOVE SANZIONI
Ieri, il rappresentante per la politica estera dell'Ue, Joseph Borrel, ha detto che è allo studio l'ipotesi di «allargare il numero di banche escluse dal circuito Swift». Del resto, un'ulteriore stretta sulle misure contro la Russia potrebbe avere conseguenze sul sistema finanziario europeo. Per Standard &Poor' s, quattro banche della regione sono molto esposte verso Mosca. Si tratta dell'austriaca Rbg, dell'ungherese Otp Bank, di Société Générale e di Unicredit. S&P sottolinea comunque che tutte e quattro gli istituti sono abbastanza solidi per affrontare la tempesta. Il problema, semmai, riguarda tutto il mondo della finanza. Ieri le Borse europee sono andate malissimo, con Milano che ha chiuso a -6,24%, ai minimi da febbraio 2021, mentre Parigi e Francoforte hanno perso circa il 5%. Dall'inizio del conflitto Piazza affari ha già lasciato sul terreno il 13% della sua capitalizzazione. Sulla scia delle tensioni internazionali si sono impennati anche i prezzi dell'energia. I futures sul gas scambiati ad Amsterdam sono aumentati del 26,9%, a 204,14 euro al megawattora, il massimo di sempre. Il greggio Wti si è assestato sui 110,10 dollari al barile, in crescita del 2,43%, con la benzina che, in Italia, ha sfondato i 2 euro al litro. 

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