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Russia-Cina, quei 150 miliardi di dollari: il patto inconfessabile tra Putin e Xi-Jinping (che ci condanna alla guerra?)

Maurizio Stefanini
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«La Russia ha chiesto aiuto militare alla Cina per la guerra in Ucraina», ha rivelato il Financial Times «Solo disinformazione», ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, mentre il portavoce dell'ambasciata cinese a Washington Liu Pengyu assicurava che «la Cina è profondamente preoccupata e addolorata per la situazione in Ucraina. Speriamo con sincerità che la situazione si allenti e la pace torni presto». Insomma, «mai sentito parlare» della richiesta, e comunque la priorità della Cina è di «impedire che la situazione di tensione in Ucraina possa sfuggire dal controllo». 

 

 

Anche Mosca tiene a smentire, anche perché l'idea di avere già esaurito le munizioni non è propriamente lusinghiera per il suo apparato militare. È abbastanza ovvio che potrebbe essere disinformazione Usa, ed è abbastanza ovvio che se pure fosse vero non verrebbe confermato. Come la pensa davvero la Cina, però, è un mistero. E forse anche per sondarlo al Financial Times il Dipartimento di Stato ha fatto filtrare la provocazione prima dell'incontro tra Sullivan e Yang. Da una parte, infatti, la Cina collabora con la Russia nel sostenere tutta una serie di regimi autoritari o in fase di involuzione autoritaria spesso in rotta con l'Occidente, in qualche modo dividendosi i compiti: a Pechino la parte finanziaria; a Mosca quella militare. Dall'altra, la minaccia che la Cina continua a esercitare su Taiwan assomiglia alla pressione che c'è stata sull'Ucraina. Una convergenza che per molti si sarebbe potuta evitare, e infatti vari analisti "comprensivi" di Putin hanno insistito sulla necessità di guadagnarlo alla causa del contenimento Pechino. Secondo altri analisti, invece, la comune avversione alla democrazia liberale renderebbe l'attrazione tra Mosca e Pechino irresistibile. La Cina, però, ufficialmente si chiama fuori. 

 

 

All'Onu non vota né sì né no. Si astiene. I media cinesi evitano accuratamente la parola guerra in favore di formule come "situazione/crisi ucraina" o "operazioni militari speciali". Il Global Times, megafono dell'organo di partito all'estero, ha addirittura toni anti-Usa, come generalmente i Social consentiti. Cina e Russia hanno definito il loro rapporto come "alleanza strategica" fin dal 1996, l'intesa è stata poi formalizzata nel Brics, e affinità ideologiche anti-occidentali a parte tra i due Paesi ci sono anche importanti legami economici. Complessivamente la Cina nel 2021 ha importato dalla Russia beni per 79 miliardi di dollari e per Mosca Pechino rappresenta il 17% di tutte le sue esportazioni. La Cina è il primo fornitore della Russia in beni ad alta tecnologia. Nel 2021 l'interscambio è cresciuto del 35,9%, raggiungendo la cifra record di 146,9 miliardi di dollari. Non solo dunque la Cina non ha intenzione di aderire alle sanzioni, ma ne approfitta per far lievitare la quota di mercato. 

L'economia russa, però, non è nella top 10 dei partner commerciali di Pechino, l'intercambio con la Ue è di 828 miliardi, quello con gli Usa di 756, senza contare i forti investimenti che aveva anche in Ucraina, da cui avrebbe dovuto passare il corridoio ferroviario verso la Polonia e l'Europa per la Nuova via della seta. Ora bloccato per la guerra. Simpatie ideologiche e interessi congiunturali a parte, il problema è che la Cina con la globalizzazione ci guadagna alla grande, anche perché ha trovato il modo di gestirsela a suo modo. Putin, invece, con la sua mossa la globalizzazione la sta facendo saltare. 

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