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Quei fan imbarazzanti di Emmanuel Macron che aiutano Marine Le Pen: fuori tutti i nomi

Mauro Zanon
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«Il sostegno di Nicolas Sarkozy mi onora», ha dichiarato ieri Emmanuel Macron, reagendo all'endorsement in suo favore dell'ex presidente della Repubblica gollista. In un post su Facebook, Sarkò si è lasciato andare a un elogio sperticato del giovane presidente -candidato, in cui in fondo si rivede per modi e per visione del ruolo della Francia nel mondo. «Voterò per Emmanuel Macron perché credo che abbia l'esperienza necessaria per far fronte a una grave crisi internazionale più complessa che mai, perché il suo progetto economico mette la valorizzazione del lavoro al centro di tutte le priorità, perché il suo impegno è chiaro e senza ambiguità», ha scritto Sarkozy, prima di aggiungere: «La fedeltà ai valori della destra repubblicana e alla nostra cultura di governo deve spingerci a rispondere positivamente all'appello all'unione di Emmanuel Macron in vista delle elezioni presidenziali. Visto lo stato attuale delle cose, è l'unico in grado di agire. L'interesse della Francia deve essere la nostra unica guida. Non ci si sbaglia mai scegliendo la chiarezza e la costanza». Il sostegno di Sarkozy a Macron era dato per scontato in caso di mancata qualificazione della candidata Valérie Pécresse (in realtà, l'ex président, non ha sostenuto la gollista nemmeno durante la campagna per il primo turno, perché il suo preferito, in fondo, è sempre stato Macron). Per alcuni osservatori, l'appello sposterà diverse migliaia di voti gollisti, perché la parola di Sarkò ha ancora un certo peso nell'elettorato dei Républicains. Per altri, invece, gli elettori gollisti che volevano votare Macron lo hanno già fatto al primo turno, optando per il cosiddetto "voto utile", e l'endorsement di Sarkò potrebbe rivelarsi ingombrante.

 

 

 

IMMAGINE DEGRADATA

Oggi, dalla maggior parte dei francesi, Sarzkoy è visto più come un politico bollito che un vecchio saggio, e la sua immagine si è ampiamente degradata con le due condanne incassate nel giro di sette mesi lo scorso anno: la prima, nel marzo 2021, per corruzione e traffico di influenze nell'ambito del cosiddetto "affaire des écoutes", lo scandalo delle intercettazioni che lo perseguita dal 2014, ossia da quando la giustizia ha scoperto la sua linea telefonica segreta, a nome di Paul Bismuth, e la promessa di un incarico prestigioso a un magistrato in cambio di informazioni coperte dal segreto istruttorio sul dossier Bettencourt; la seconda, a settembre, per finanziamento illecito della campagna elettorale nel quadro del cosiddetto affaire Bygmalion. Ma Sarkò non è il più imbarazzante degli sponsor di Vicino a Macron dal 2007, il direttore di McKinsey è consulente del governo francese, ma è stato anche al centro dello scandalo sulle influenze delle società di consulenza sulle politiche pubbliche Macron in vista del ballottaggio del 24 aprile. Due nomi su tutti si distinguono per i loro pedigree sulfurei: il primo è Karim Tadjeddine, uno dei massimi dirigenti di McKinsey in Francia, ossia della società di consulenza americana a cui il governo francese ha affidato diverse missioni di rilievo negli ultimi anni, tra cui l'elaborazione della strategia Covid, e che attualmente è sotto accusa per non aver pagato tutte le tasse tra il 2011 e il 2020, mentre realizzava un fatturato di diverse centinaia di milioni di euro (329 milioni solo nel 2020); il secondo è Yassine Belattar, umorista islamico nominato da Macron consigliere per le banlieue durante il quinquennio, che lo scorso novembre ha minacciato un giornalista del media sovranista Livre Noir di essere "la prossima Mila", dal nome della studentessa minacciata di morte dagli islamisti per aver criticato la religione maomettana su Instagram. Ma partiamo da Tadjeddine. Nel febbraio 2021, Le Monde pubblicò un articolo sui rapporti di lunga data tra l'attuale inquilino dell'Eliseo e McKinsey, dove veniva messo in evidenza il legame particolare con Karim Tadjeddine, diventato poi superconsulente del governo (assieme a una ventina di collaboratori della maison americana ha dato il suo contributo anche alla realizzazione del programma di En Marche!).

 

 

 

IL CLOONEY MUSULMANO

L'inchiesta rivelò che le attività francesi di McKinsey sono gestite da una società domiciliata nello stato americano del Delaware, un piccolo paradiso fiscale che non tassa gli utili. «Lo dico in maniera molto netta: noi l'imposta sulle società in Francia la paghiamo», ha dichiarato sotto giuramento, al Senato, Karim Tadjeddine. Versione contraddetta dalle conclusioni di un rapporto del Senato francese del 17 marzo scorso, secondo cui Tadjeddine avrebbe testimoniato il falso. Per quanto riguarda Yassine Belattar, è stato soprannominato da Tariq Ramadan, predicatore islamico attualmente sotto inchiesta per stupro, "il George Clooney dei musulmani". Lui considera Macron «un fratello» e al settimanale Obs ha detto che l'elezione di François Hollande, l'ex presidente socialista di cui è amico intimo, è stata possibile grazie alle «banlieue, petrolio elettorale della gauche». Belattar spera che accada lo stesso con Macron fra undici giorni. E lo spera anche Jean-Luc Mélenchon, a quanto pare. Il leader della France insoumise, il partito della sinistra radicale, ha detto ai suoi elettori di «non dare alcun voto a Marine Le Pen» in vista del ballottaggio. È «la sinistra Allahu Akbar», come l'ha definita Charlie Hebdo, nuova amica di Macron. 

 

 

 

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