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Ucraina, l'editto della mafia russa: uno schiaffo a Putin

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Vietato parteggiare per Vladimir Putin. E pure per Volodymyr Zelensky. La mafia russa, che gestisce affari miliardari sia a Mosca sia a Kiev (e in molte altre capitali europee) si espone per la prima volta dicendo no al coinvolgimento diretto dei boss e dei loro clan nella guerra in Ucraina. Repubblica riferisce di un editto, uno dei cosiddetti progoni, in cui si ricorda ai membri dei "ladri-in-legge", la fratellanza che domina il mondo criminale post-sovietico, che è severamente vietato imbracciare le armi per sostenere uno Stato, qualunque esso sia. 

 

 



Il testo, scritto a mano e anonimo per sfuggire alle durissime leggi emanate nel 2019 da Putin, equivale a una sorta di sentenza della "Corte costituzionale della malavita". Tutto nasce dalla presunta presenza di alcuni fratelli mafiosi di origine ucraina all'interno delle truppe territoriali di Zelensky. Da qui l'allarme dei vertici criminali: "Le autorità ucraine stanno cercando di trasformare i criminali in soldati" e fanno di tutto per "macchiare l'onore dei carcerati per bene".

 

 

 



A diffondere il documento è l'attendibile sito web CrimePrime.ru amministrato da Lilya Kharina. Sarebbero svariati i boss ucraini attivi in patria nella guerra all'invasore: "Lera Sumskoj, il nome di battaglia con cui è noto Sergej Lysenko; Zakhary Kalashov detto Shakro Molodoy; Valery Sheremet (Sharik) a Odessa; Vasily Rusan (Vasya Ushaty) a Kiev". Nessuno di questi, però, avrebbe ruoli ufficiali e i mafiosi ucraini, consapevoli del rischio, negano la loro presenza tra le fila dell'esercito ucraino. In ballo, strano a dirsi, c'è l'integrità della mafia russa: da una parte chi rispetta il codice tradizionale, dall'altra chi è tentato all'avventura tra i paramilitari, magari scommettendo su lucrosi guadagni durante e dopo la guerra. 

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