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Papa Francesco, così il Vaticano ha bruciato 115 milioni di euro

Caterina Maniaci
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Deve essere stato pesante quanto un macigno, quel palazzo a Londra. Pesante sui pensieri del Papa, vistosa macchia allargata sul Vaticano, un tassello, e importante, del complicato puzzle delle sue vicende finanziarie, finito al centro di un clamoroso processo di corruzione. Francesco ha detto basta, qualcosa va fatto. Senza contare che l'investimento ha drenato enormi risorse della Segreteria di Stato e creato un danno di immagine difficilmente quantificabile alla Santa Sede. E qualcosa è stato fatto: ieri è arrivata la comunicazione ufficiale che il Vaticano ha venduto il palazzo degli scandali a Bain Capital, per la somma di 186 milioni di sterline.

 

 

 

 

«Nei giorni scorsi l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ha ultimato la vendita a Bain Capital del palazzo in 60 Sloane Avenue a Londra, con un incasso complessivo di 186 milioni di sterline», si legge in un comunicato diffuso dalla stessa Apsa. La Segreteria per l'Economia del Vaticano «ha seguito l'intera procedura nelle sue varie fasi», e «le perdite riscontra te rispetto a quanto speso per l'acquisto dell'immobile sono state conferite alla riserva della Segreteria di Stato, senza che in nessun modo in questa circostanza sia toccato l'Obolo di San Pietro, e con esso le donazioni dei fedeli». Per garantire la trasparenza e l'indipendenza del processo di valutazione - si legge ancora nella nota-, la Santa Sede si è avvalsa dell'assistenza del broker immobiliare Savills, selezionato al termine di una procedura di gara avviata nel gennaio 2021 sotto la vigilanza di advisor immobiliari. Le questioni economiche (con scandali annessi) sono state fonte continua di preoccupazione. Così da oltre un anno il Pontefice ha dirottato la gestione dei fondi alla Segreteria di Stato, concentrandoli (insieme ad altri enti) nell'Apsa e sotto il controllo della Segreteria per l'Economia, guidata dal prefetto Juan Guerrero Alves.

 

 

 

 


Acquistato per oltre 300 milioni di sterline (l'equivalente di 347 milioni di euro), rivenduto (o forse sarebbe meglio dire svenduto) per 186 milioni (215 milioni di euro). Con una perdita di almeno 115 milioni. Del resto, è la dura legge del mercato immobiliare. Se si ha fretta di vendere... Anche se il Vaticano rassicura che la perdita non intaccherà le donazioni e l'Obolo, il danno appare evidente. L'edificio, che si trova nel quartiere londinese di Knightsbridge, è al centro dell'inchiesta del Vaticano per il quale è in corso il processo a carico del cardinale Angelo Giovanni Becciu, di alti prelati e funzionari della Segreteria di Stato nonché dei finanzieri esterni al Vaticano Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi ed Enrico Crasso (per Mincione e per altri, nonché per alcuni capi di imputazione a carico di altri soggetti, gli atti sono stati restituiti al promotore perché compia atti a loro garanzia; di conseguenza non sono più «imputati» nel processo, pur restando indagati). L'affare in questione era iniziato nel 2014, con l'acquisto di circa metà del controllo del palazzo; a fine 2018 il Vaticano aveva rilevato l'intera proprietà. La vicenda è degna di un thriller di alta finanza. Nel 2013 Mincione vende l'immobile, diventa il gestore di 200 milioni di dollari di fondi riservati della Segreteria di Stato attraverso il fondo Athena. Lui stesso convince il Vaticano a investire 100 milioni di dollari per acquistare circa metà del palazzo, che lui stesso possiede. Nel 2018 il Vaticano esce dal fondo Athena rilevando da Mincione l'intero palazzo, con un conguaglio a favore del finanziere di 44 milioni di euro. Poi è arrivato il processo, e ora la vendita londinese. Un intreccio che lascia sul campo una consistente quantità di soldi e di ombre. Ma non bisogna dimenticare che l'economia vaticana sostiene migliaia di opere di assistenza e sostegno, scuole, missioni, mense. Non ci sono solo scandali e palazzi milionari. 

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