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Nicola Fratoianni ancora contro le armi a Kiev. Ma adesso come la mettiamo?

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A chi diceva e continua a dire che non bisognava mandare le armi agli ucraini bisognerebbe domandare come la mettiamo con le città e i territori che essi stanno riconquistando. A chi rivendica, come il comunista Nicola Fratoianni, di aver votato contro, e cioè affinché gli aggrediti fossero lasciati indifesi, bisognerebbe domandare come l'avremmo messa se quelle città e quei territori fossero stati lasciati alla pace pacifista, e cioè all'occupazione degli aggressori. 

 

A questi, che il centrocomunista di Enrico Letta candida a difesa della Costituzione nata dalla Resistenza (quella buona, quella che ha dato stipendi e cattedre dal 26 aprile in qua, mica quella degli ucraini da denazificare), bisognerebbe domandare se non sia abbastanza chiaro che l'alternativa alla guerra non era la pace, ma il festival dei bombardamenti e la lunga teoria di stupri, di deportazioni e fosse comuni.

 

Bisognerebbe domandargli di quale pace si sarebbe discusso, e con chi, e tra chi, se agli aggrediti fosse stato negato l'aiuto, e offerta loro la pace pacifista, che è l'altro nome dell'imperio degli aggressori. Ma non glielo domanda nessuno. E mannaggia - nel frattempo la resistenza dei servi della Nato mette in discussione i progetti di pace lanciati, con qualche corredo di missili, la notte del 24 febbraio.

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