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Gas, Joe Biden ha truffato l'Europa: il gioco sporco degli Usa

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Fausto Carioti
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Il 25 marzo, a Bruxelles, Joe Biden annunciò che Stati Uniti e Ue avevano concordato un «piano di gioco comune» per ridurre la dipendenza europea dal gas russo. L'intesa, spiegò Ursula von der Leyen, riguardava la fornitura di «almeno 50 miliardi di metri cubi di Gnl statunitense fino al 2030». Mario Draghi confermò che, dopo l'invio dei primi 15 miliardi di metri cubi di gas liquido, gli Usa si erano «impegnati ad offrirne altri 50 miliardi». Un accordo politico ed economico, insomma. Su richiesta di Washington, l'Europa rinunciava al gas russo; in cambio, il presidente democratico si impegnava ad aiutarla, spingendo le aziende statunitensi che estraggono lo shale gas, il metano intrappolato nelle rocce ad alta profondità, e lo trasformano in forma liquida, a dirottarne quantitativi importanti verso i Paesi Ue. Gli imprenditori americani avrebbero fatto soldi, i consumatori europei avrebbero alleviato un po' della loro sete di gas: sembrava conveniente per tutti.

TEMPO E INVESTIMENTI
Che le cose non sarebbero state facili, lo si è capito dopo poco. Le compagnie americane delle energie fossili, peraltro tradizionalmente legate al Partito repubblicano, non si muovono agli ordini di Biden. E non bastano gli annunci e le strette di mano per aumentare l'estrazione di idrocarburi: occorrono tempo, investimenti, nuove strutture, manodopera e la certezza che tutto questo sia ripagato. Sforzi che debbono essere fatti non solo sulla sponda americana dell'Atlantico, ma anche in quella europea. Così, ieri, un'inchiesta del Financial Times ha certificato la morte delle speranze nate sei mesi fa: «I boss dello shale gas avvertono che gli Stati Uniti non possono salvare la Ue», annuncia il quotidiano inglese. «I dirigenti delle compagnie dicono che non possono aumentare le forniture di petrolio e gas in tempo per fermare la crisi energetica invernale». A parlare sono proprio i "chief executive" dei gruppi privati che avrebbero dovuto garantire all'Europa le forniture promesse da Biden. Il capo di Quantum Energy Partners, uno dei più grandi investitori nell'estrazione di idrocarburi dalle rocce, avverte che «gli Stati Uniti non possono pompare molto di più. La nostra produzione è quello che è». E dunque «non c'è nessun salvataggio in arrivo» per l'Europa, «non sul lato del petrolio, non sul lato del gas». Anche perché «l'Europa non ha i porti per il Gnl, la capacità di rigassificazione, i gasdotti. Se uno trasportasse dei carichi laggiù, non so cosa ci farebbe». Il succo del suo discorso è che gli europei «sono fottuti». Il suo collega a capo di Pioneer Natural Resources, uno dei principali produttori di petrolio, alla domanda se si aspetti un grande aumento di produzione da parte dell'industria statunitense dello shale, risponde che «no, non lo vedo arrivare. Non stiamo aggiungendo impianti di perforazione e non vedo nessuno che lo faccia».

POCO GAS, TANTI PROFITTI
Né sono in arrivo nuovi investimenti. Il capo del gruppo Kimmeridge Energy, specializzato proprio nel finanziare le imprese di questo settore, spiega che «gli investitori di Wall Street non darebbero la loro benedizione ad un grande aumento della produzione, perché preferiscono un modello di bassa produzione e alti profitti». Spetterebbe a Biden mandare i segnali giusti alle imprese riluttanti. Ma la sua amministrazione sta facendo proprio il contrario, racconta il capo di Greenlake Energy Ventures, altro gruppo specializzato in investimenti. A Washington «non c'è stata alcuna pianificazione strategica. Nessuno si è fatto sentire e ci ha detto: "Come si può fare questo?". Abbiamo contattato noi il governo, e abbiamo ricevuto messaggi contrastanti». Gas e petrolio sotto il suolo degli Stati Uniti non mancano, insomma. Ma chili deve estrarre lo farà senza fretta e a beneficio quasi esclusivo delle famiglie e delle imprese americane, almeno finché Biden non troverà un modo per rispettare gli impegni presi con l'Europa. 

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