Cerca
Cerca
+

Giorgia Meloni, complotto tedesco: la menzogna con cui vogliono farla fuori

Carlo Nicolato
  • a
  • a
  • a

Enrico Letta è andato in Germania a farsi benedire dal cancelliere Olaf Scholz in quota ai socialdemocratici che per decenni sono stati la testa di ponte degli interessi economici russi in Europa. Ricordate Schroeder, il migliore amico di Putin? Perfino adesso il cancelliere, che dichiara guerra ai "postfascisti" italiani («La Meloni non deve vincere», è pericolosa per la democrazia), non solo si rifiuta di dare agli ucraini quei carri armati che potrebbero dare una svolta decisiva alla guerra, quella vera, ma si oppone anche al tetto del prezzo del gas temendo drastiche ritorsioni da parte di Mosca alla quale la Germania ha affidato gran parte delle sue risorse energetiche. Chi ci rimette è il resto d'Europa, a iniziare dall'Italia che è proprio il Paese che per primo ha avanzato la proposta del tetto.

 

 

 

VECCHIE STORTURE

Fosse però la prima volta che Berlino fa pesare le sue decisioni a scapito degli altri potremmo quasi lasciargliela passare, ma così purtroppo non è. Anzi si può infatti dire che l'Europa stessa è stata plasmata a immagine e somiglianza della Germania e che tutte, o quasi, le storture che la caratterizzano derivano dalle imposizioni dei suoi cancellieri ai quali Letta accorre a pochi giorni dal voto. A iniziare dall'euro, tagliato su misura sul marco tedesco affinché Berlino, che all'epoca, dopo l'unificazione, non era affatto la locomotiva d'Europa, potesse rientrare dai debiti e rilanciare la sua economia. Lo stesso Vincenzo Visco, che Letta conosce bene, ai tempi ministro delle Finanze e uno degli artefici dell'operazione che ha permesso all'Italia di entrare nell'euro, in una intervista di 20 anni più tardi disse che la Germania ha tradito l'euro mettendosi a fare, con l'avallo della Ue, «politiche mercantiliste, nazionaliste e isolazioniste» attraverso «una artificiosa rinazionalizzazione dei diversi euro, e quindi dei diversi tassi di interesse». L'euro così architettato, di fatto un "marco" svalutato per due decenni, è stato la madre di tutte le fregature teutoniche, ciò che gli ha permesso di diventare la famosa locomotiva d'Europa a scapito degli altri. Figlio diretto e illegittimo di tale politica è il famoso surplus record ma soprattutto fuori dalle regole che la stessa Ue si è autoimposta. Secondo tali regole infatti il saldo delle partite correnti dei singoli Paesi non deve superare la soglia del 6% del Pil, oltre la quale significa che si è risparmiato troppo e investito troppo poco. La Germania tale soglia l'ha superata per oltre 10 anni e ha sempre ignorato i deboli richiami di Bruxelles. Può darsi che Letta abbia dimenticato del surplus, ora rientrato nei ranghi, ma di certo ricorda il vero capolavoro di indecenza che fu messo in scena da Berlino quando tra il 2008-2013 salvò le sue banche con aumenti di capitale per 144 miliardi, il 5,3% del Pil del 2013, salvo poi imporre, agli altri che volevano fare lo stesso, il bail-in, ovvero il salvataggio delle banche con i soldi dei privati, azionisti, obbligazionisti e correntisti. Della serie «noi abbiamo salvato le nostre banche, adesso non diamo il permesso agli altri di salvare le loro». 

 

 

 

GIOCHINI E SGAMBETTI

Sebbene per molti italiani tale operazione truffaldina si trasformò in una tragedia, il Pd dovrebbe saperne qualcosa, la Germania ha comunque continuato a salvare le sue Banche con i soldi pubblici, come è ad esempio successo nel 2019 con la landesbank Nord Lb. Il salvataggio delle proprie banche è stata una costante della politica tedesca dello scorso decennio, ne sanno qualcosa in proposito i greci dopo dodici anni di austerity, pensioni spolpate e stipendi ridotti al lumicino. Erano gli anni in cui in Germania si pubblicavano giornali con copertine in cui l'Italia sprecona veniva raffigurata con uno spaghetto a forma di cappio e nel frattempo la Volkswagen produceva milioni di auto diesel con software che permettevano di barare sulle emissioni. Certo Letta avrà apprezzato che sia stata proprio la Germania con la Merkel ad aver spalancato per prima le porte a milioni di immigrati nel 2015. Tale operazione però fu fatta senza interpellare gli alleati e soprattutto per recuperare in fretta lavoratori a basso costo che potessero perpetuare la crescita della fiorente economia teutonica. Gli effetti di quel colpo di genio economico passato per opera caritatevole li stiamo pagando tuttora.

 

 

 

Dai blog