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Gli inglesi sono così civili da diventare intolleranti

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Klara Murnau
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Chi è stato adolescente a metà anni '90 aveva una sola certezza: trasferirsi in Gran Bretagna. Mettendo da parte la sottoscritta, che per croce o delizia si ritrova oggi apolide, il destino da italiano a Londra si è rivelato in seguito a mia sorella Silvia, alla mia migliore amica Benny, al mio socio Gianluigi, a Rocco, a Giulia Bignami, alle sorelle D'Aietti e davvero giuro che potrei continuare all'infinito con nomi per voi casuali, ma che si fanno testimoni dell'assoluta precisione della mia affermazione. La Brexit avrà pure ottenuto il suo lasciapassare fuori dall'Europa, ma non potrà mai togliersi l'Europa da dentro. E anche se siamo qui ad assistere ad una fase un po' declinante della grande Gran Bretagna, che con la dipartita della beneamata Regina si tinge di sfumature da tramonto della Corona - suo merchandising ufficiale insieme agli orsacchiotti di Harrod's - e seppur quasi nessuno nelle sue strade assomigli più a come vengono ritratti nei film - gli inglesi che parlano elegantemente o ben vestiti ormai sono merce rara a causa della vasta popolazione di giovani "chavs", ragazzi dal vocabolario volgare con poca cultura a seguito di fanciulle che da anni regalano al Regno Unito il primato sui tassi di gravidanze in età adolescenziale in Europa occidentale che passano direttamente ai sussidi, ecco, nonostante tutto questo, il suo fascino vittoriano resiste - a modo suo.

 

SPESE PAZZE Negli ultimi anni la classe media soffre immensamente incastrata com' è in tasse e spese non sostenibili, e nell'ultimo rapporto sul costo della vita di ECA International, si rivela come Londra sia balzata di un posto nella classifica delle città più costose del mondo, superando Tokyo per diventarne la quarta. Lavorando in Inghilterra, ci si renderà presto conto che le uniche persone che vivono tranquillamente sono quelle ricche da sempre o quelle che prendono i sussidi. Anche i prezzi degli affitti sono decisamente più cari rispetto al resto d'Europa. La prima frase inglese che insegneranno ai corsi di lingua non sarà più «The book is on the table» ma «I' m Broke» E poi coscienziosamente: «NHS? No, thank you!
» L'International Health Care Outcomes Index pubblicato dal Think Tank Civitas, ha classificato il sistema sanitario del Regno Unito rispetto ad altri 18 paesi comparabili, esaminando la spesa medica e 16 principali risultati ottenuti. Tutti gli altri Paesi studiati, a parte l'America, forniscono un accesso universale all'assistenza sanitaria e esiti migliori per i pazienti. L'unico punto su cui il Regno Unito è in cima alle classifiche, è l'aiutare i diabetici ad evitare l'amputazione degli arti. Vista l'inflazione, non restare in ginocchio è comunque un risultato.
Nel 1963 The Civic Culture studio fondamentale degli accademici Almond e Verba, esaminava il motivo per cui gli inglesi non hanno seguito i tedeschi e gli italiani nell'abisso del fascismo e perché il comunismo non è riuscito allo stesso modo a mettere radici. Hanno concluso che la cultura politica del paese lo rendeva inospitale per le ideologie radicali.
Decenni dopo, abbiamo un cambio di rotta. O almeno questo sembra essere il risultato pubblicato dal sondaggista Frank Luntz che sostiene come la Gran Bretagna post-Brexit stia rapidamente seguendo l'America nell'abisso di guerre culturali altamente polarizzate sul populismo e il wokeism. «Non è quello che vuole il pubblico britannico», sostiene Luntz, «ma ci arriverà comunque». Ma la Gran Bretagna non è l'America. È una società in cui i dibattiti sulla classe sono più importanti dei dibattiti sulla razza. Mentre gli inglesi continuano a discutere sull'eredità dell'Impero, non hanno dovuto fare i conti con l'oscuro retaggio della schiavitù e della segregazione. A differenza della politica altamente carica, emotiva, divisiva e piena di risentimento che ha messo radici oltre la Manica, la cultura civica britannica è stata a lungo acclamata per aver dato la priorità all'importanza fondamentale del consenso, della moderazione, della tolleranza, del compromesso e del pluralismo. Da una generazione all'altra, ha lasciato gli inglesi programmati per sentirsi orgogliosi delle loro istituzioni e tradizioni, per vedere istintivamente il meglio nel loro paese e per essere scettici nei confronti dei radicali la cui politica stridula, dogmatica, messianica e arrabbiata è stata vista come minaccia di questa preziosa eredità. Sia a sinistra che a destra, i politici non hanno avuto paura di celebrare l'identità distintiva della Gran Bretagna, i suoi successi ed i contributi al mondo. Essere nati in UK non era un segno di vergogna; era il privilegio più grande di tutti. Ma oggi, con l'ispirazione contro le iniquità che prende piede dalle università alle corporazioni, dipartimenti governativi, media, scuole; mentre il popolo britannico continua a dibattere il ruolo del privilegio bianco e le cause delle disparità razziali - tutte originate in America - l'importanza di questi discorsi non potrà che aumentare, spinta dagli evidenti divari generazionali. 

L'IDEOLOGIA UFFICIALE Chiunque abbia trascorso del tempo nei campus universitari o all'interno di grandi compagnie della Gran Bretagna, sa che il wokeismo e le sue idee associate - decolonizzazione, pregiudizio inconscio, white privilege- fanno già parte del vocabolario quotidiano. Agli accademici e agli impiegati viene spesso chiesto di partecipare a corsi di formazione o rispondere a questionari sul loro colore di appartenenza, sui pregiudizi inconsci e la loro percezione identitaria, concedendo agevolazioni lavorative per i casi inscritti in determinate categorie. Immigrazione, multiculturalismo, diversità, Europa, Britishness, Islam e le interpretazioni contrastanti della storia, sono diventati gli argomenti centrali. Sono il vessillo in cui vengono trasportati dibattiti più specifici su statuecidio, impero, antirazzismo o BlackLivesMatter. «Woke versus Not Woke» sembra destinato a diventare sempre più l'ultima rappresentazione della suddivisione sociale, proprio come è stato Remainers versus Leavers, nel vecchio divario tra liberali sociali e conservatori culturali. Questa trasformazione sembra incoraggiata da qualcos' altro che è cambiato rispetto al passato: l'incapacità dei leader britannici di offrire le narrazioni ampie e unificanti che un tempo tenevano insieme le precedenti generazioni. Agli inglesi piace scherzare dicendo che sono perseguitati dal divario 52:48 che ha portato alla Brexit, ecco quindi un'altra disparità 52:48 da considerare: mentre il 52% degli elettori laburisti crede che la Gran Bretagna sia "una nazione istituzionalmente razzista e discriminatoria", solo Il 48% la vede come "una nazione di uguaglianza e libertà". Una giusta e tanto attesa trasformazione, con un approccio confuso e divisorio. Che tempi. G-d Save la perfida Albione. 

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