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Shanti De Corte, Sallusti: sull'eutanasia sono saltati tutti i confini

Alessandro Sallusti
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Shanti De Corte era una bella ragazza belga di 23 anni. Ha chiesto e ottenuto di morire tramite eutanasia di Stato per «sofferenza psicologica costante, insopportabile e incurabile». È successo il 7 maggio ma lo si è saputo solo nei giorni scorsi perché Shanti non era una ragazza qualsiasi, era una dei pochi sopravvissuti di una scolaresca che si trovava all'aeroporto di Bruxelles il 22 marzo del 2016, giorno in cui l'Isis decise di compiere un attentato che provocò 35 vittime e oltre 300 feriti. 

 

Da quel giorno Shanti ha vissuto tra attacchi di panico e depressioni, un paio di volte ha tentato il suicidio, pochi i momenti se non felici almeno sereni. Ma il centro della questione non è lei, bensì quella profezia che il mondo cattolico lanciò quando anche in Italia, sull'onda emotiva del caso Englaro, si aprì il dibattito sull'eutanasia: «Occhio - dicevano i cattolici che se si apre un pertugio poi vien giù la porta che protegge la vita». Eluana Englaro visse 17 anni in stato vegetativo e incoscente, poi venne il caso Welby, l'attivista radica le paralizzato da una grave forma di distrofia che chiese e alla fine ottenne di essere staccato dalle macchine che lo tenevano in vita, e più di recente il caso del dj Fabo, tetraplegico accompagnato in Svizzera a morire da Marco Cappato. Insomma, anche in Italia in un modo o nell'altro l'eutanasia si fa largo, ma che io sappia sempre per casi di sofferenza fisica che rende impossibile una vita autonoma e dignitosa. 

 

Ora, nel cuore dell'Europa, il diritto alla morte di Stato si allarga alla sofferenza psicologica, che non metto in dubbio sia altrettanto invalidante, ma certo ha connotati diversi mancando l'oggettività alla possibilità di catalogare la specie. Intendo dire: non c'è bisogno di subire un trauma come quello che ha vissuto Shanti per perdere la voglia di stare al mondo: c'è chi pensa al suicidio perché perde un amore, chi il figlio e chi ancora il lavoro. Viviamo circondati da persone che provano una "sofferenza psicologica costante" ma non per questo vorrei che lo Stato agevolasse la loro scomparsa fisica. Se anche in Italia la crepa aperta con Eluana diventasse una voragine dove ognuno può chiedere di infilarsi, beh, se non siamo alla selezione della razza, in questo caso non ariana ma banalmente sana, poco ci manca. Proporrei una pausa di riflessione.

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