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Zelensky, la rabbia degli Usa contro il premier: cosa sta accadendo

Renato Farina
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Ironia della storia, direbbe Hegel, anche se non c'è nulla da ridere. In questo momento, alla Casa Bianca, si è preoccupati più delle mire esagerate di Volodomyr Zelensky che neppure delle minacce di Vladimir Putin. Ha detto Joe Biden: «Putin lo conosco abbastanza bene, sarebbe capace di scatenare l'Armageddon, la fine del mondo. Non sta scherzando quando parla di armi nucleari tattiche. Anche una sola porterebbe allo scontro finale». Ha aggiunto che «sta studiando quali mosse» siano possibili al capo del Cremlino per uscire da questa guerra e dalla crisi di potere che gli insuccessi sul campo hanno determinato. Biden dunque conosce Putin, e si aspetta il peggio, ma crede anche che sia possibile prospettargli una strada che eviti l'Armageddon. Il fatto è che a quanto pare gli americani si sono accorti di non conoscere Zelensky. Punta «alla vittoria», dice: fin qui è ovvio e va bene.

L'ipotesi che agita Washington è che il presidente ucraino abbia deciso di giocare una partita tutta sua per iscrivere il proprio nome tra i grandi del millennio appena cominciato. E il modo è quello di portare la questione ucraina fino a far saltare per aria - con l'aiuto della Nato il sistema militare, politico, economico putiniano. L'uomo con l'eterna maglietta verde oliva vuole emanciparsi dalla supervisione americana, e si teme abbia maturato l'idea folle del «tanto peggio tanto meglio, per me comunque sarà un successo». Il problema è che se va secondo i piani che l'ex comico e oggi attore tragico ha lasciato tracimare da una gaffe madornale, il millennio per l'umanità finirà assai presto, e il suo nome non lo leggerà più nessuno. Qualcuno glielo dica.

 

 

PIZZINO CHIARIFICATORE - È accaduto- non a caso poco prima che Biden manifestasse i suoi timori e tremoriche in videoconferenza con il think tank australiano Lowy In, Zelensky ha rivelato che ci saranno «attacchi preventivi» da parte della Nato nel caso in cui la Russia decidesse di usare armi nucleari. L'addetto stampa di Zelensky ha poi corretto, sostenendo che il presidente ucraino intendeva «sanzioni preventive», e non «attacchi nucleari». Non c'è bisogno di aver frequentato corsi serali di psicoanalisi per capire che - volutamente o no- Zelensky cerca di sventare quel che sente nell'aria in caso di trattativa. E cioè che gli americani pur di evitare la guerra nucleare siano disposti, con una mini Yalta, a spartirsi l'Ucraina con i russi. Donbass e Crimea? Una fetta di Ucraina occidentale alla Polonia? Sfera di influenza americana su quel che resta?

Dal suo punto di vista Volodomyr non ha tutti i torti. Il suo prestigio internazionale è cresciuto di pari passo alle sue vittorie. Crede all'ombrello Nato, ma non vuole essere tirato con i fili come un burattino. Nel momento in cui ha compreso che gli Usa - e in particolare Biden e la Cia non intendono fornire missili capaci di raggiungere obiettivi strategici dentro i confini della Russia, ha iniziato a tirare sassi nell'alveare. Dapprima l'attentato mortale alla figlia di Dugin, un obiettivo che corrisponde alla tecnica mafiosa delle bande caucasiche: far saltare in aria i familiari, qualcosa che semina paura, instabilità nella cerchia ristretta del potere nemico. La Cia ha fatto sapere: sono stati loro, noi non siamo d'accordo. Traduzione: la guerra deve restare nei confini convenzionali. Ehi, non perdere la calma, Mr Putin, finirà male per tutti! Trattiamo. Siamo noi quelli che comandano, non Zelensky e i suoi fottuti servizi istruiti dagli inglesi.

 

 

GLI APPELLI DEL PAPA - La risposta a questa presa di distanza? Venerdì, Kiev ha scagliato un macigno contro l'alveare, e l'ape regina, lo Zar, comincia a tremare: siamo al camion bomba che ha tranciato il ponte di Kerch, il capolavoro ingegneristico vanto di Putin, un'arteria vitale per i collegamenti e la logistica della Crimea. Non è stato rivendicato dall'Ucraina, ovvio, peccato che lo stesso V.Z. avesse anticipato la legittimità della sua distruzione. La rappresaglia criminale di V.P. con i missili sudi Zaporizhzhia (13 morti, una novantina di feriti) era prevedibile e forse auspicata. «Guardate la verità, la Russia è uno Stato terrorista», ha detto Zelensky. Lo sapevamo già. Il fatto è che ci sono due partiti a Washington, come del resto a Mosca, e Zelensky lo sa e tira sassi alle colombe.

Joe Biden si sta manifestando sensibile agli appelli del Papa, da cattolico, con rapporti personali eccellenti con Francesco, non può prendere sotto gamba il suo appello, rinnovato ieri dal Pontefice durante un'omelia a San Pietro. Ha detto, riferendosi agli anni 60 e a Cuba, proprio come Biden due giorni prima: «Non possiamo dimenticare il pericolo di guerra nucleare che proprio allora minacciava il mondo. Perché non imparare dalla storia? Anche in quel momento c'erano conflitti e grandi tensioni, ma si scelse la via pacifica». Occorrono per questo tentativi diplomatici fantasiosi. Incontri personali! Altrimenti non se ne esce.
 

WAR GAMES - Chi prevarrà? Come sempre colombe e falchi si mescolano in volo sopra i nostri cieli occidentali. Il problema è che in nessuno dei due stormi ci sono aquile. Intanto emergono quattro possibili scenari di attacchi nucleari tattici da parte di Mosca (The Atlantic). Un crescendo. L'ultimo livello, il quarto sarebbe una detonazione nucleare tattica sopra una città ucraina. Causando migliaia e migliaia di vittime inermi e possibilmente una pronta resa. Insomma fare come gli americani a Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Non è chiaro, quale risposta ci sarebbe anche solo per il primo scenario (bomba dimostrativa sul Mar Nero). Il comitato centrale del Consiglio di Sicurezza Nazionale del presidente Barack Obama aveva stabilito già nel 2016, che in caso di attacco nucleare gli Stati Uniti avrebbero reagito con armi atomiche. Secondo il comitato, qualsiasi altra risposta «dimostrerebbe una mancanza di determinazione, danneggerebbe la credibilità degli Stati Uniti e indebolirebbe l'alleanza della Nato». Nel 2019, la Countering Weapons of Mass Destruction Agency (DTRA) del Pentagono ha risposto alla domanda su come gli Stati Uniti dovrebbero rispondere se la Russia avesse invaso l'Ucraina e usato la Bomba. I risultati delle indagini della Dtra sono solitamente segretati, ma un partecipante ha rivelato che il "gioco di guerra" aveva mostrato «che un lieto fine non era un'opzione». Come nel film WarGames del 1983: la sola mossa vincente è non giocare. 

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