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Zelensky, fucilata contro il premier: "Non siamo rinc***. Basta insulti, ora ringrazi"

Pietro Senaldi
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Siamo tutti contenti che l'Ucraina sia riuscita a fermare l'invasione russa, che riteniamo l'aggressione ingiustificata di un regime a una democrazia. Siamo soddisfatti non solo per ragioni ideali, ma anche pratiche, perché significa che i nostri sacrifici sono serviti a qualcosa e che l'Occidente sa reagire in difesa di se stesso. Con tutto il rispetto però vorremmo dire una cosa al presidente Zelensky, che se non fosse intervenuta la Nato sarebbe morto, in Siberia o in esilio.

 

 


Nel giro di pochi giorni il premier ucraino ha detto che Berlusconi è un vecchietto, aumentandogli pure l'età, al quale augura lunga vita anche se ha fatto capire di confidare che non duri molto. Ha fatto sapere che le sue amicizie non gli piacciono e l'ha trattato dall'alto in basso. Ieri il governo di Kiev ha cambiato obiettivo, prendendosela con la Lega. Il capogruppo in Senato, Romeo, aveva sostenuto che sulla soluzione della crisi ucraina deve decidere tutta la comunità internazionale, visto che il conflitto ha coinvolto l'intero Occidente. Per questa affermazione è stato accusato dagli uomini di Zelensky di fare il gioco di Putin, anche se il pensiero del dirigente del Carroccio non differisce né da quello del Papa né da quello di Biden, che è il referente massimo del sultano di Kiev.

 

 


Comprendiamo benissimo che il presidente ucraino abbia i nervi tesi e gli riconosciamo tutto il coraggio del mondo. Però vorremmo ricordargli che l'Italia ha accolto generosamente e immediatamente decine di migliaia di profughi ucraini e ha aumentato le sanzioni a Mosca, a costo di mettere sul lastrico migliaia di imprese. Come se non bastasse, abbiamo anche tagliato drasticamente gli acquisti di gas dalla Russia, comprando le materie prime a prezzi da strozzinaggio dagli alleati Usa, Norvegia e Olanda e cercando energia in mezzo mondo, il che ha fatto decollare le bollette di famiglie, pensionati, imprenditori, e abbiamo inviato armi al fronte, guadagnandovi da Putin la definizione di "Paese nemico". Non ultimo, poche ore prima dell'ultima reprimenda da Zelensky, il presidente del Consiglio Meloni ha dichiarato nel discorso in cui chiedeva la fiducia che saremmo stati sempre a fianco del popolo ucraino, a qualsiasi costo.

 


Ci siamo trovati in guerra senza volerlo e senza neppure capire come mai e abbiamo subito risposto presente, senza fare mezzo calcolo. Fatti i calcoli, abbiamo capito che ci è costato una fortuna, ma non per questo abbiamo disertato. Non pretendiamo ringraziamenti dal presidente Volodymyr, anche se in sei mesi abbiamo fatto per l'Ucraina molto più di quanto l'Ucraina abbia mai fatto, e farà mai, per noi. Però gradiremmo che il nostro beneficiato la piantasse di darci dei putiniani per il semplice fatto che non scattiamo sull'attenti quando parla o perché, facendone parte e rischiando magari una bomba atomica sulla testa, pretendiamo di dire la nostra sul conflitto. Se Zelensky continua a trattarci come degli estranei al tavolo, degli scolaretti che non hanno diritto a parlare e un po' anche come dei rincoglioniti, potremmo cominciare a pensare di esserlo davvero e togliere il nostro piatto da chi ci sputa sopra. Qualcuno informi il signore di Kiev che restiamo atlantisti ed europeisti, ma che Letta e il Pd hanno ora un ruolo più defilato, quindi siamo disposti ancora ad aiutarlo ma non a pulirgli gli scarponi.

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