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Nato, "truppe a Kiev": voci sul drammatico cambio di rotta

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"Siamo pronti a difendere ogni centimetro del territorio della Nato. Ma non siamo in grado di corroborare le notizie che arrivano". Questo il commento, a caldo, del portavoce del Pentagono, Pat Ryder, sui due missili piombati ieri in Polonia che hanno provocato la morte di due persone. Una reazione che suggerisce cautela da parte degli Usa, che sin dall'inizio dell'invasione del 24 febbraio studiano lo scenario dell'escalation. La prudenza, d'altronde, rispetto alla notizia dei missili nel territorio polacco, ha prevalso nelle reazioni di tutti i leader presenti al G20 di Bali, pur se la condanna alla Russia nell'aver intrapreso la guerra in Ucraina è stata ribadita con fermezza.

 

Lo stesso presidente americano Joe Biden ha subito indetto un briefing dell'Intelligence per attivare i canali con gli alleati, in attesa di avere un quadro su cosa realmente accaduto. Mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato l'escalation e ha invocato la necessità di "fare qualcosa", Washington ha puntato a isolare la Russia già nel corso del summit indonesiano. Secondo indiscrezioni riportate da La Stampa, la convinzione degli analisti americani è che si debba continuare a giocare su più fronti: diplomatico, economico (sanzioni) e di sostegno militare. Perché non è certo da escludere che la Russia possa e voglia trascinare il conflitto ancora per mesi, andando oltre l'inverno, nonostante la ritirata da Kherson e una situazione sul terreno che denota debolezza nelle truppe russe.

 

Hans Binnendjik, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, ritiene che più che dal nucleare, l'escalation del conflitto provenga da azioni collaterali, come incidenti e attacchi deliberati contro infrastrutture civili. "La Nato - dichiara - potrebbe anche decidere di inviare soldati sul territorio di Kiev per dare un segnale definitivo di compattezza e forza". Uno scenario, questo, senza dubbio inedito, che comunque non esclude la questione dei negoziati.

 

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