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Turchia, "cosa rischia Erdogan": dopo il terremoto, la profezia dell'esperto

Maurizio Stefanini
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Direttore Scientifico dell’Osservatorio Turchia del Centro Studi di Politica Internazionale (Cespi), già Assistant professor presso l’Università dell’Associazione dell’Aeronautica Turca e anche docente in altri atenei turchi, Valeria Giannotta è autrice di Erdogan e il suo partito AKP. Tra conservatorismo e riformismo (Castelvecchi): un libro del 2018 che è il più importante studio su Erdogan apparso in italiano. Proprio per la sua conoscenza di prima mano del mondo turco nel 2017 è stata nominata Cavaliere dalla Presidenza della Repubblica Italiana. Al momento del sisma si trovava ad Ankara.
«La scossa mi ha svegliata poco dopo le 4», racconta a Libero. «Poi c’è stata la scossa all’una del giorno dopo, e anche quell’altra di 7.6».

Quindi si è sentita in tutta la Turchia?
«Tranne la zona dell’Egeo e Istanbul. È stato un terremoto di quasi 8 gradi, e lo abbiamo sentito fino al centro dell’Anatolia».

Però sembra che anche a Istanbul c’è stata paura.
«In effetti, il posto più sicuro è proprio Ankara. C’è la faglia di Istanbul e del Mar di Marmara che già ha fatto sentire i suoi effetti nel 1999. C’è la faglia dell’Egeo. C’è la faglia del Mar Nero e del sud-est anatolico. Ankara e il centro anatolico sono circondati da faglia, ma non stanno su nessuna. Certo, la Turchia dal punto di vista tettonico è un Paese piuttosto sfortunato».

 

 

 

Non è il solo: California, Cile, Giappone...
«Qui le abitazioni di nuova generazione sono antisismiche, e ci sono anche dei centri di osservazione del terremoto, Ma alla fine è un po’ come l’Italia. Il terremoto è un avvenimento che in teoria sai che potrebbe accadere, ma in pratica non ti aspetti. Poi comunque la zona colpita è anche una zona un po’ più povera rispetto ad altre. Anche dal punto di vista antisismico è più arretrata pur se in ogni caso, diamo a Cesare quel che è di Cesare, Erdogan a livello infrastrutturale ha fatto parecchio in questi 20 anni. Però ci sono ancora case non antisismiche. In ogni caso i sismologi hanno dimostrato che il terreno si è spostato di quattro metri.
All’Aquila furono 80 centimetri, per avere un termine di paragone. Si parla di un terremoto che non ha precedenti nei secoli».

La Turchia ha una storia sismica importante, che ha influenzato la politica. Anche l’ascesa di Erdogan è stata favorita dall’irritazione popolare per la cattiva gestione del terremoto del 1999.
«Sì, nella storia recente della Turchia ci sono stati il terremoto di Istanbul e del Mar di Marmara del 1999, il terremoto di Van del 2010, il terremoto al confine con l’Iran e a Izmir del 2020. Mai però con questa intensità. Due faglie si sono mosse contemporaneamente, colpendo ben 10 province. Solo a Kahramanmara®ci sono più di 7000 morti. Subito ci si è resi conto che era qualcosa di straordinario e Erdogan ha alzato l’allerta nazionale al quarto livello ed ha chiamato per aiuti internazionali, perché ci si rende conto che da soli non la si fa. Per quanto la Turchia, va detto è equipaggiata. Hanno una agenzia per i disastri naturali e le emergenze che funziona bene, e che infatti quando succedono cose all’estero è in grado di mandare aiuti subito. C’è anche una grande mobilitazione di volontari. All’aeroporto di Istanbul ci sono code di cittadini che si registrano per partire».

Tra un po’ si dovrebbe votare. Questa emergenza può rafforzare la leadership di Erdogan, o potrebbe avere problemi? Già alcuni inviati testimoniano l’inizio di proteste...
«A questo punto non è neanche chiaro se si voterà. Il 10 marzo teoricamente il Tribunale Elerttorale dovrebbe dichiarare ufficialmente la data delle elezioni. che secondo le prime indiscrezioni dovrebbe essere il 14 maggio. Ma nelle zone colpite è stato dichiarato uno stato di emergenza di tre mesi. Peraltro, i partiti politici di opposizione piuttosto che protestare stanno mobilitandosi per i soccorsi. Anche sui social vedo un tono generalmente dignitoso. Ma questo è un po’ un tratto distintivo dei turchi, che di fronte alle emergenze si stringono, rinviando le polemiche a dopo. Certamente Erdogan si è mosso subito con la sua macchina istituzionale, soprattutto facendo leva sulla credibilità internazionale che ha. La Turchia ha sempre puntato sulla diplomazia delle emergenze, e durante la pandemia l’Italia è stato una dei primi Paesi che ha ricevuto gli aiuti dalla Turchia quando l’Europa ci stava voltando le spalle. Anche gli alleati Nato e gli Usa hanno risposto subito, malgrado polemiche anche recenti».

 

 

Ma Erdogan è esente da colpe?
«Davanti a una tragedia come questa, certo, è sempre difficile prevedere i possibili sviluppi. La grande forza di Erdogan è di avere sempre puntato molto su opere infrastrutturali, ma questo può anche essere un limite, perché il suo modello di sviluppo economico si è sempre basato molto su un boom edilizio spesso gestito con metodi clientelari, favorendo gli amici del governo. Riescono a costruire in tempi molto rapidi, il nuovo aeroporto di Istanbul è stato completato in un anno e mezzo. Ma vedendo in tv il modo in cui certi edifici sono crollati qualche dubbio può venire. In una zona povera c’erano comunque molte abitazioni vecchie, che si sono aperte a metà. Ma sono comunque venuti giù oltre 6000 edifici».

Il sisma ha colpito zone ad alta densità di popolazione curda. Il partito curdo Hdp che sta facendo?
«Anch’esso sta cercando di organizzare gli aiuti. Resta però isolato rispetto al “Tavolo” dei 6 partiti dell’opposizione. Ci sono state trattative, ma alla fine anche nell’opposizione è prevalsa una preclusione di tipo nazionalista. Va detto che l’Hdp rispetto alla lotta armata del Pkk è sempre rimasto ambiguo».

Intanto in Siria Assad ha fatto bombardare zone terremotate in mano ai ribelli e ha minacciato chi porterà loro aiuto.
«Due pesi e due misure. Sulla Turchia ci sono tutti i riflettori, perché non è uno Stato fallito. Ma oltre i suoi confini, in Siria, si sta consumando un’altra tragedia su cui non sembra esserci nel mondo un grande interesse».

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