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Zio Paperone è "razzista", delirio progressista: e Disney lo cancella

Francesco Specchia
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Fosse ancora stato vivo Walt Disney - conservatore, repubblicano dentro, il «Principe nero di Hollywood» secondo l’omonima biografia, splendida e spietata di Marc Eliot- la censura sarebbe arrivata per i censori disneyani.

Fosse stato vivo il Fondatore, Paperon de’ Paperoni non sarebbe mai stato cancellato dai manager della Walt Disney Company oggi sempre più travolta dai miasmi del politicamente corretto. Ma il vecchio Zio Walt non è più. Sicché, può bellamente accadere che la Disney bandisca due delle storie di Zio Paperone, appunto, a firma del classico autore Don Rosa da future ristampe e raccolte. L’annuncio avrebbe dovuto essere sussurrato. Invece arriva ai fan attraverso la testata americana Cbr, a sua volta informata da un tweet, inquietante, diffuso dall’account Twitter di DuckTalks; ovvero dallo stesso Don Rosa che ha ricevuto un messaggio via mail dalla casa editrice nella quale si annuncia, appunto, che due storie di Paperon de’ Paperoni - Il sogno di una vita e il penultimo capitolo della saga Il cuore dell’impero rispettivamente datati 2020 e 1994- non saranno più ripubblicate o non faranno parte di nessuna raccolta d’ora in avanti.

VECCHI ZOMBIES
Aiutato dal magazine on line Fumettologica, mi sono andato a rivedere le tavole delle due storie incriminate presunte ispiratrici di questo nuovo, incredibile guizzo di cancel culture. In entrambe, compare il personaggio di Bombie il gongoro, e questa – a detta di Don Rosa – sarebbe la ragione della loro esclusione dal catalogo, per via di una nuova policy Disney più attenta all’inclusività: «Come parte del suo costante impegno per la diversità e l’inclusione, The Walt Disney Company sta rivedendo la propria libreria di storie». Cioè, in pratica: urge cassare da ogni archivio ogni pur minimale riferimento al “solito” razzismo. Cioè, c’è questo “gongoro” morto vivente, rianimato con la magia vudù e proveniente direttamente dalla storia di Carl Bark intitolata Paperino e il feticcio e uscita nel 1949. 

Il gongoro viene descritto in chiave lacera e caricaturale, da villaggio africano, con una rappresentazione inadatta; e lo stesso discorso vale anche lo stregone vudù che al gongoro dà vita, e i membri della sua tribù condividono con lui la medesima immagine stereotipata, cosa che potrebbe concorrere all’esclusione delle storie dal catalogo Disney. Che è un po’ – mutatis mutandis - come eliminare dalla scuole Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain, perché Jim, l’amico nero, era trattato troppo da comprimario (e, purtroppo, in alcuni Stati Usa questo è già avvenuto); o come sbiancare lo Zio Tom dell’omonima capanna dell’abolizionista Harriet Beecher Stowe (e questo, dati i tempi non è ancora avvenuto ma non escludiamo per il futuro); o scurire l’avvocato bianco Atticus Finch del Buio oltre la siepe, perché non è possibile che a quei tempi non ci fosse un avvocato nero all’altezza della causa.

Si chiama “woke”: è l’ennesima piega della realtà. Si tratta dell’avanzata implacabile in campo culturale della consapevolezza dell’essere «vittima dell’ingiustizia rappresentata da razzismo, disuguaglianza economica e sociale e da qualunque manifestazione di discriminazione verso i meno protetti»; anche se spesso la consapevolezza non corrisponde alla realtà e alberga solo nelle sghembe menti del progressismo.

PROBLEMI ECONOMICI
Il primo a rimanere interdetto da tutto questo è il povero Don Rosa, disneyano di formazione, intellettuale italoamericano originalissimo e persona perbene (molti di noi cronisti l’hanno conosciuto l’ultima volta transitava nel 2019 tra Lucca Comics e il Lake Como Comic Art Festival). «Quali altre storie di Zio Paperone saranno vietate? Forse solo le mie? Forse no? Ma ovviamente tutti i 12 capitoli del mio La vita e i tempi di Paperon de Paperoni ora sono vietati perché non possono essere pubblicati senza il capitolo finale. Non commenterò nemmeno cosa significherà questo per il mercato del collezionismo», ha commentato il cartoonist. Ma, in realtà, tutto questo è davvero incommentabile. La cancel culture resta un abominio culturale i cui danni si cominceranno a vedere sulle nuove generazioni. Ma su questo abbiamo speso fiumi d’inchiostro. Resta una spiegazione economica al tutto. 

La Disney sta vivendo industrialmente i suoi momenti peggiori. Ha tagliato 7000 posti di lavoro. Disney+ ha perso 2 milioni di spettatori-, e ha inserito una postilla politicamente correttissima, all’inizio dei suoi classici dell’animazione sui contenuti stereotipati e razzisti, in riferimento ai vecchi cult come Dumbo, Peter Pan, Lilli e Il vagabondo. E nei parchi a tema la società ha eliminato l'uso di pronomi di genere la scorsa estate al fine di apparire più “inclusiva”, mentre i dirigenti hanno annunciato, lo scorso anno, che verrà dato maggior peso ai personaggi Lgbt. Mah. Per far capire ai disneyani che per risollevarsi non è questa la strada giusta, be’, ci vorrebbe quel razzista dello zio Walt... 

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