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La foto anti-Stati Uniti? Ecco la sua vera storia: orrore comunista

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Matteo Legnani
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Ci sono due foto iconiche della guerra del Vietnam. Una è quella della bimba nuda e in lacrime, che fugge dal suo villaggio appena bombardato. L'altra è quella del giovane vietcong giustiziato con un colpo di pistola alla tempia. Questo secondo scatto del 1 febbraio 1968, che valse il premio Pulitzer al fotografo della Associated Press Eddie Adams, è noto anche come la “Saigon execution”.

 

È considerato la scintilla che fece divampare negli Usa le proteste contro il conflitto in Vietnam, rivelando agli americani l’orrore di quella guerra lontana. Una foto “anti-Usa”, se ce n’è una. Ma, in realtà, cela una storia di orrore comunista: l’eccidio di un’intera famiglia, padre, madre e sei bambini. E quella dell’unico sopravvissuto: un ragazzino sudvietnamita di 9 anni, Huan Nguyen, oggi 64enne cittadino americano. Lui, in quella foto scioccante, non c'è. Ma il giovane che nella “Saigon Execution” viene giustiziato, un vietcong noto col nome di battaglia di Bay Lop, gli aveva appena ammazzato tutta la famiglia, ferendo lui stesso a un braccio, alla gamba e alla testa. La squadra guidata da Bay Lop aveva fatto irruzione in casa sua con l’obiettivo di eliminare il padre, colonnello nell’esercito sudvietnamita. Nel corso dell’azione vennero uccisi oltre all’ufficiale anche i suoi sei figli e la moglie, che morì dissanguata accanto al giovanissimo Huan. Alcune ore dopo, nonostante le ferite, il ragazzino riuscì a fuggire, trovando rifugio da uno zio, anch’egli ufficiale sudista, con il quale trascorse i successivi sette anni.

 

E al termine della guerra, nel 1975, fu tra i 120mila esuli cui gli Stati Uniti diedero rifugio. Il 16enne Huan si stabilì a Midwest City, nell’Oklahoma. E mentre lo zio faceva il meccanico presso un’officina della Volkswagen, lui frequentò la locale scuola superiore diplomandosi nel 1977. Quattro anni dopo prendeva una laurea di primo livello in ingegneria elettronica alla Oklahoma State University, seguita da un master in tecnologia informatica alla prestigiosa Carnegie Mellon University. Fin qui, la sua sarebbe stata una tipica storia di redenzione made in Usa: quella di un rifugiato che nel Paese delle opportunità ha avuto accesso a un’istruzione superiore, fatto carriera e messo su famiglia, vivendo felice e contento il resto della sua vita. Ma ad uno come lui, legato a una delle foto più drammatiche del ventesimo secolo, non poteva andare “semplicemente” così. E infatti, al ragazzino che era rimasto affascinato dagli uomini della Navy che nel 1975 lo portarono da Saigon fino in America, nel 1993 arrivò la chiamata della Marina americana. Nel quarto di secolo che seguì venne assegnato a diverse unità della flotta del Pacifico, scalando i ranghi della gerarchia, finché il 10 agosto 2019 il figlio del colonnello sudvietnamita trucidato con la famiglia dai vietgong comunisti divenne il primo vietnamita-americano ad assumere il grado di contrammiraglio della Marina Usa in una cerimonia tenuta a Washington presso lo United States Navy Memorial. Qualche settimana fa, Nguyen è andato in pensione. Suo padre sarebbe stato orgoglioso di lui.

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