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Cina, la proposta indecente a Israele: sfida totale agli Usa

Renato Farina
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Ben prima dell’aggressione russa all’Ucraina (24 febbraio 2022), Papa Francesco aveva introdotto il concetto profeticamente geopolitico di «guerra mondiale a pezzi». Era il 2015. Be’, questi pezzi si stanno congiungendo tra loro. A cucirli tra loro sta provvedendo la Cina. Il fronte della guerra attraversa qualsiasi frontiera grazie alla successione di eventi militari e diplomatici messi in moto a velocità crescente. Xi Jinping ha capito prima degli altri che inevitabilmente l’intero pianeta sarebbe stato progressivamente coinvolto nei movimenti bellici. Per la logica intrinseca di una guerra mondiale tutto ne diventa parte, non esiste la possibilità per alcuna nazione di guardare la corrida dagli spalti, sangue e arena sono e saranno sempre di più il destino di ciascun popolo e Paese. La concentrazione estrema di Usa e Unione Europea sulla linea del fuoco ha lasciato sguarniti ampi territori alla superpotenza asiatica. La quale (per ora) senza sparare un colpo di fucile, neppure di quelli col turacciolo, ha mosso i suoi passi accarezzando con scarpette di raso situazioni che americani ed europei hanno lasciato degenerare. Fa balenare nuovi equilibri mondiali in cui coinvolgere, e così spartire bottini di gloria e di ricchezza, Stati e popoli cui promette la pace e il benessere sotto le ali del suo celeste impero.

 


BIDEN INVISIBILE
Che fa la Cina? Sbatte i tacchi e toglie la sicura alle sue sempre più letali armi con Biden, senza mai coinvolgere nelle minacce gli altri Paesi della Nato, a proposito di Taiwan. Al G7 dei ministri degli esteri in Giappone era più presente con la sua assenza Xi del pallido Blinken, il segretario di Stato che ha lo stesso carisma di Biden: quello di una scopa in un ripostiglio. L’ombra cinese è apparsa sui muri condizionando i lavori. Com’era prevedibile il comunicato finale del G7 ha condannato duramente gli Stati che non applicano sanzioni e commerciano con Mosca, e intimato alla Cina di stare alla larga da Taipei. Ciò che ha consentito a Pechino di erigersi come paladina del resto del mondo. Amica della Russia e insieme pacificatrice di conflitti imputriditi.


UNA RISPOSTA AL G7
Ieri il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha mosso un proprio portavoce, Wang Wenbin, per accusare i Paesi del G7 riuniti in Giappone di «calunniare e infangare la Cina». Ha attaccato però solo Tokyo e minacciato gli Stati Uniti per aver inviato armi a Taiwan: «Scherzano con il fuoco». Poi Qin ha sostituito la voce squittente e maledicente di Wang con la sua, per l’occasione smielata come quella di un cherubino zufolante di pace e armonia. Ed è intervenuto proponendo la Cina quale mediatrice nel conflitto che minaccia di prendere strade senza ritorno tra Israele e Autorità palestinese, telefonando separatamente ai pari grado Eli Cohen e Riyad Al-Maliki. Ne ha scritto con solennità l’agenzia statale Xinhua.

 


Una mossa di grande intelligenza strategica, mentre Netanyahu non trova interlocutori a sostegno salvo l’Italia. E dopo gli incidenti gravissimi delle ultime settimane si sta incrinando il fronte dei Paesi arabi che hanno sottoscritto il Patto di Abramo. La Cina alletta Israele con il suo mercato e la rasserena dopo che proprio la Cina si era intestata l’impresa impossibile di affratellare Iran, capofila degli sciiti, legati a Mosca e Pechino, e l’Arabia Saudita, sunnita e alleata degli americani, cui ha voltato la faccia rifiutando di calmierare il prezzo del petrolio. Gerusalemme non aveva affatto gradito questa ricucitura. Ora la Cina fa l’occhiolino allo Stato ebraico...


PAURA DELLA LIBERTÀ
Una vicinanza tra Teheran e Riad era in fondo nelle cose: il timore di tutti i Paesi musulmani è che vinca il movimento anti-ayatollah estendendosi come lotta ai dittatori islamici in tutto il Medio Oriente. La Cina ha compreso che poteva mettere il cappello su questa svolta storica e guidare lo Yemen verso una pacificazione nella guerra per procura che l’Iran e l’Arabia Saudita stanno conducendo lì da otto anni con decine di migliaia di morti: in questi giorni tra sunniti e sciiti c’è stato uno scambio di 900 prigionieri.


DOPPIEZZA CINESE
Fidarsi della Cina? Proprio ieri il suo ministro della Difesa Li Shangfu, in visita a Mosca, ha dichiarato di essere «determinato» a rafforzare la «cooperazione strategica tra le forze armate cinesi e russe». Il doppio linguaggio cinese: pace e guerra minacciati e promessi qui e là nel mondo. È chiaro più che mai che una pace o almeno una tregua del massacro in Ucraina sarà possibile se Usa e Cina si metteranno d’accordo sui modi di convivere, continuando a guardarsi in cagnesco, ma senza sbranarsi. 

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