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Russia, Andrea Margelletti: "Allarme fondato", cosa può accadere con la Wagner

Mirko Molteni
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Mentre i furiosi combattimenti al fronte limitano le reciproche avanzate e nei cieli si avvicendano ondate di droni e missili, dal presidente ucraino Volodymir Zelensky sembrano arrivare aperture diplomatiche al collega russo Vladimir Putin. Ne abbiamo parlato con l'esperto di strategia Andrea Margelletti, presidente del CESI (Centro Studi Internazionali) di Roma.

 

 

 

 

Zelensky ha parlato della possibilità di riportare i russi al tavolo delle trattative a proposito della Crimea. Perché queste aperture? 
«Dobbiamo chiarire anzitutto una cosa. Non possiamo mettere sullo stesso piano diplomatico Russia e Ucraina, cioè l'aggressore e l'aggredito. Sarebbe come equiparare lo stupratore alla vittima. Per troppo tempo, negli ultimi mesi, abbiamo visto, anche in Occidente, ragionare in termini che annullano il divario fra Mosca e Kiev. No. Chi è aggredito ha sempre il pieno diritto di difendersi a oltranza. Dipenderà solo dalla Russia il tornare al tavolo dei negoziati per risolvere il conflitto in via pacifica. Sotto tale aspetto, si può dire che le affermazioni di Zelensky, siano in realtà un tentativo di dare ai russi un'occasione da cogliere. Ma sta ai russi coglierla oppure no».

 

 


 

 

Zelensky ha affermato che una volta che le sue truppe saranno «arrivate sui confini amministrativi della Crimea, si potrà forzare politicamente la Russia alla smilitarizzazione della penisola». È un meccanismo fattibile? 
«In linea di massima è fattibile, ma nella pratica lo vedo di molto difficile attuazione poiché i russi puntano ancora a un conflitto di lunga durata. Loro vogliono vincere e contano sul prolungare la guerra il più possibile nella speranza che i Paesi occidentali si stanchino di sostenere l’Ucraina».
Putin incontrerà il presidente turco Erdogan a Sochi, sul Mar Nero, il prossimo 8 settembre. Che pesò avrà questo summit? 
«Il previsto incontro fra Putin ed Erdogan potrebbe anche significare un rilancio della mediazione turca, ma è presto per dirlo. Ai russi potrebbero andare bene, come mediatori, i turchi, gli italiani, perfino i marziani. Ma ciò che conta è cosa vogliono davvero loro. Se Mosca decide di far finire la guerra, questa finisce fra 18 secondi! Ma se così non è, si va avanti senza tregua».

 

 


 

 

Fra Russia e Ucraina, quale fra le due nazioni è più stanca del protrarsi del conflitto? 
«La guerra non piace a nessuno, ma poiché gli ucraini si ritrovano col Paese invaso e con 20.000 bambini rapiti dai russi, sanno che non devono arrendersi. Finchè quei 20.000 bambini non torneranno a casa, lotteranno con tutte le loro forze. Quanto ai russi, da molti mesi non si vedono più manifestazioni contrarie al conflitto. In Russia non esiste un'opinione pubblica poiché chi è contrario alla politica di Putin finisce in galera o ammazzato. Lo abbiamo visto settimana scorsa anche con l'abbattimento dell'aereo del capo dei mercenari Wagner, Evgenij Prigozhin. Sia Mosca che Kiev sembrano intenzionate a proseguire la lotta. I russi si appoggiano ai paesi del gruppo BRICS, specialmente la Cina, grazie al fatto che le sanzioni non hanno certo validità globale, mentre gli ucraini contano su un sostegno occidentale che sta ormai diventando di lungo periodo e continuerà sicuramente nel corso del 2024».
E quelle migliaia di mercenari, ormai orfani di Prigozhin, spostatisi in Bielorussia? 
«I wagneriani che si sono ridislocati in Bielorussia rispondono ancora, in sostanza, agli ordini di Mosca, nel senso che il presidente bielorusso Alexander Lukashenko non ha alcun margine di autonomia rispetto a Putin. L'allarme sulla possibile destabilizzazione dei confini polacchi lanciato dal governo di Varsavia è fondato. Più difficile, secondo me, è che i mercenari si spingano nella striscia di terra che cinge il territorio russo di Kaliningrad, poiché ciò aumenterebbe troppo la tensione con la Nato».

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