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Israele, fame e sete: perché l'assedio è l'arma più efficace

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Tommaso Lorenzini
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Gaza circondata dalle truppe ebraiche. Gaza isolata anche dall’Egitto dopo la chiusura del valico di Rafah. Gaza: non si entra, non si esce. È lo specchio di questi tempi, nei quali l’ipertecnologia indirizza, facilita e condiziona la vita quotidiana ma, quando c’è una guerra, il metodo tradizionale per piegare il nemico resta lo stesso: l’assedio. Se appare paradossale che la difesa israeliana sia stata beffata da gente in parapendio e motociclisti in infradito, è altrettanto consequenziale che oggi, per aver ragione dei terroristi di Hamas, Netanyahu abbia dato mandato ai militari di ricorrere alla strategia più classica della storia.

Non è una novità. Nell’era in cui con i droni si può centrare obiettivi minuscoli (chiedere al convoglio del generale iraniano Soleimani), il copione della “guerra d’antan” è andato in scena anche nel recente 2022 all’acciaieria ucraina Azovstal di Mariupol, divenuta una moderna città-stato circondata dall’invasore russo, 82 giorni di delirio dove ritroviamo tutti i topoi del tema: sofferenza, eroismo, bassezze, privazioni, orgoglio, notizie a cavallo fra realtà e propaganda. “Stato d’assedio. Assedianti e assediati dal Medioevo all’età moderna” (Il Mulino), firmato dal professor Duccio Balestracci, già docente di Storia Medievale all’Università di Siena, è un libro che se ripercorre secoli di episodi, aiuta molto a leggere anche l’attualità della Striscia di Gaza e immaginarne possibili sviluppi, fra intrecci e situazioni che si ripetono e si assomigliano. Sia per chi offende, sia per chi si difende. «Evitate l’assedio, per quanto è possibile», ammonisce nel III secolo a.C. Sun Tzu, «perché necessita di una lunga preparazione e, oltre a immobilizzare le altre operazioni di guerra, costa».

 

 

 

L’assedio impone infatti un pegno a chi lo lancia, oltre ai meri preparativi militari, nel conto entrano le perdite umane dovute alla resistenza. «I palestinesi hanno fatto sapere di aver minato il loro territorio, inaugurando un nuovo scenario: le tradizionali “mura” difensive adesso sono sotto terra, invisibili e ancor più letali», spiega Balestracci. L’esercito israeliano lo sa, rischia quanto già occorso agli imperiali che nel 1553 assediarono il castello senese di Monticchiello: tanti furono gli uomini lasciati sul campo che il luogo venne ribattezzato Monteflagello. Per questo l’attesa offensiva di terra a Gaza non c’è ancora stata, prima di mettere “boots on the ground” è necessario bonificare i corridoi di ingresso dall’alto, con l’aviazione, come avviene in queste ore.

 

 

 

GLI INUTILI E IL MARE

A volte, a decidere le sorti dell’assedio è il traditore, che quando viene scoperto ha vita breve. Come Giovanni Bartolini, beccato nel 1472 a Volterra a mandare segnali agli assedianti fiorentini e perciò impiccato. E, fra gli islamici, i tagliagole pronti a fare altrettanto abbondano, tanto che l’eventualità appare remotissima. Nell’immaginario di un assedio, tuttavia, a farla da padrone sono i bisogni primari: la fame e la sete. A Gaza contibuirà a rendere le cose ancora più difficili il taglio della corrente elettrica completato ieri da Israele, mentre alcuni pozzi sono già stati cementificati dagli israeliani. Cosa significhi, nell’Azovstal l’hanno imparato. Un medico intrappolato nell’acciaieria era riuscito a mettere in rete un video: «Qui si muore per le ferite non curate e per la mancanza di cibo».

Se a Leningrado nel ’41-’44 furono registrate 900 accuse di cannibalismo, nel corso della storia si è parlato di svariati episodi di antropofagia: vero o no, di certo c’è che chi ha fame mangia di tutto, pure le scarpe e il cuoiame dei tamburi. Manca il pane? Allora per la farina si usano le candele di segale. Il cronista francese De Léry (XVI secolo) addirittura in un suo “manuale” erudisce come panificare le ossa umane, citando un trattato arabo-andaluso ma specificando che «chi ne mangia muore subito». Inutile dire che si schiatta anche di sete e questo vale pure per gli assedianti: a Gerusalemme, in epoca crociata, i turchi arrivano a bere l’urina dei cavalli, dentro l’Azovstal hanno dovuto usare l’acqua (pura, immaginiamo) delle tubature degli altoforni.

A Gaza dovranno affrontare gli stessi problemi. E, immancabilmente, a un certo punto coloro che tengono le fila dei palestinesi dovranno affrontare la questione delle “bocche inutili”: sono gli inadatti al combattimento, vecchi, bambini, donne, feriti. A volte vengono evacuati tramite accordo con chi assedia, altre sono cacciati dalla città e abbandonati al loro destino. Conoscendo la considerazione che gli islamici hanno per le donne, lo scenario si fa molto cupo. A Gaza avremo pure una “anomalia” dovuta alla conformazione del territorio. Rispetto alla classica città “murata” c’è un intero lato sul mare lungo circa 40 km: difficile da pattugliare, difficile da assediare. Nel 1453 Costantinopoli fu presa dal mare, nel 1415 la città francese di Harfleur fu presa dal fiume e dal mare. Che gli israeliani passino da lì? 

 

 

 

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