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Francia, scordato il Bataclan? Così il Paese islamizzato sta esplodendo

Mauro Zanon
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Nel 2015, era la piazza simbolo del sussulto repubblicano dei francesi contro i jihadisti, di una Francia che urlava “je suis Charlie” in difesa della laicità e della libertà d’espressione, e si raccoglieva solennemente attorno ai vignettisti di Charlie Hebdo massacrati in nome dell’islam dai fratelli Kouachi. Oggi, a otto annidi distanza, Place de la République è diventata la piazza dell’antisemitismo a cielo aperto, dove si grida “Allah Akbar” e “Israele assassino”, nei giorni in cui un professore di lettere è stato sgozzato da un radicalizzato davanti ai suoi studenti e si contano almeno 1.200 civili israeliani morti dopo l’offensiva terroristica di Hamas. Da Parigi, quella che arriva, è un’immagine di resa e impotenza. 

L’impotenza di un governo che, per voce del suo ministro dell’Interno Gérald Darmanin, aveva annunciato il divieto di qualsiasi manifestazione propalestinese per evitare l’importazione del conflitto nel Vicino oriente sul suolo francese, e che invece ha dovuto accettare la decisione della giustizia, che ha sospeso giovedì l’interdizione della prefettura parigina e permesso a centinaia di islamisti più o meno mascherati di presentarsi sotto la statua della Marianne, simbolo della République, ed esternare tutto il loro odio verso Israele e più in generale l’Occidente. 

 

 

LA “DECENZA”
«Giovedì pomeriggio, evocando il divieto delle manifestazioni propalestinesi, Emmanuel Macron ha invocato un ‘periodo di decenza’. Era il giorno dei funerali di Dominique Bernard (l’insegnante ucciso davanti alla sua scuola la scorsa settimana ad Arras, nel Nord della Francia, ndr). La Francia piange almeno 30 morti in Israele: il nostro Paese non aveva registrato un bilancio così pesante dall’attacco terroristico di Nizza. Decenza che si impone anche quando appaiono uno dopo l’altro i racconti vertiginosi e sconvolgenti provenienti dagli obitori di Tel-Aviv. Decenza dovuta nei giorni di lutto.

Ma la stessa sera, la decenza comune aveva disertato una piazza simbolica di Parigi», ha scritto venerdì mattina nel suo editoriale sul Figaro Vincent Trémolet de Villers, prima di aggiungere: «Centinaia di manifestanti riprendevano il grido dell’islam conquistatore ‘Allah Akhbar!’, quello che aveva lanciato prima del suo crimine l’assassino di Dominique Bernard. Eravamo forse a Beirut? A Tunisi? No, a place de la République, la stessa dove milioni di francesi erano venuti a manifestare il loro attaccamento al paese della libertà. ‘Allah Akbar’ otto anni dopo ‘je suis Charlie’». Per l’editorialista del Figaro, la Francia è arrivata a questo punto a causa dell’unione di tre fattori: l’immigrazione anarchica, l’islamizzazione rampante e l’agitazione rivoluzionaria dell’estrema sinistra.

Per provare ad arginare le ondate migratorie, il ministro dell’Interno Darmanin difenderà a partire da novembre una nuova legge sull’immigrazione che sarà, almeno sulla carta, più severa.
Tra le varie misure cui sta riflettendo l’inquilino di Beauvau figurano il ritiro del permesso di soggiorno per chiunque aderisca all’ideologia jihadista e l’aumento da tre a diciotto mesi della detenzione amministrativa per tutti gli schedati “S” (la lettera con cui l’intelligence francese marchia gli individui considerati pericolosi per la sicurezza dello Stato) con passaporto straniero. Nel registro degli schedati “S”, secondo le ultime cifre diffuse da Darmanin, sarebbero 1.000 i minorenni stanieri.

L’imam franco-tunisino Hassen Chalghoumi ha invocato l’espulsione di tutti gli individui con passaporto straniero presenti nel registro, e lo chiede a gran voce anche la destra gollista di Éric Ciotti, leader dei Républicains, oltre che il Rassemblement national di Marine Le Pen. Il terzo problema toccato da Vincent Trémolet de Villers è forse quello più difficile da estirpare: perché la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che si è rifiutata di condannare Hamas come «organizzazione terroristica», lasciando intendere che Israele se l’è cercata, siede sui banchi dell’Assemblea nazionale ed è il primo partito di sinistra per numero di elettori. Anni di genuflessioni ideologiche e di clientelismo elettorale con gli islamisti hanno portato a quanto accaduto giovedì scorso, dove una manifestazione che voleva essere propalestinese si è trasformata in un raduno antisemita.

 

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