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Indi Gregory, il dolore e l'orgoglio per questa nostra Italia

Indi Gregory

Antonio Socci
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«Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi, ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita. E per difendere il diritto della sua mamma e del suo papà a fare tutto quello che possono per lei». Da padre, che conosce per esperienza il dramma dei genitori di fronte al dolore dei figli, sono grato a Giorgia Meloni e sono orgoglioso che il capo del governo del mio Paese abbia pronunciato queste parole, facendo di tutto per portare all’ospedale Bambino Gesù la piccola Indi, per curarla e accompagnarla.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano ha detto: «Se non vale la pena fare queste battaglie, per cosa vale la pena farne e impegnarsi? Abbiamo visto tutti il video della piccola Indi mentre stringe con la sua manina il dito della persona che ha davanti: è viva, reagisce, è vitale, non è un tronco. Certo», ha aggiunto «è una grave disabile, che ha una grave malattia molto seria che merita però di essere curata e non stroncata staccando le macchine».

QUALE EUROPA? - Mantovano ha pronunciato queste parole al Forum “Europa rapita: dove ritrovarla”. Era il posto giusto. Certo, il mondo è pieno di notizie di morte, ma dice il Talmud: «chi salva una vita salva il mondo intero». Perché ognuno è unico e irripetibile. Inoltre quell’atto del governo ha un significato culturale e politico: in un mondo che svalorizza sempre più la vita umana, afferma che l’essere umano ha un valore assoluto, anche se malato e disabile.

 

 

L’Europa è anzitutto la sua cultura millenaria e oggi essa è difesa soprattutto dall’Italia. Sono stati i nostri avi a plasmare l’Europa e non è un caso che oggi sia l’Italia ad affermare i valori cristiani e umanistici del nostro continente che sta precipitando in una mentalità sempre più pagana (in attesa di essere “sottomesso” dall’Islam).

Da sinistra, sui social, hanno attaccato il governo per la cittadinanza a Indi contrapponendogli la sua politica migratoria, come se fosse in contraddizione. Ma a mio avviso è vero il contrario. Mi spiego.

Una personalità autorevolissima, il cardinal Robert Sarah, che viene dall’Africa, dalla Guinea, parlando in Polonia, ribadì il principio enunciato da tutti gli ultimi Papi secondo cui il primo diritto da difendere è quello di «non emigrare», «il diritto di rimanere nella propria patria». Poi, ricordando che «ogni immigrato è un essere umano e va rispettato», disse che occorre governare il fenomeno riconoscendo «il diritto che ogni nazione ha di fare una distinzione fra un rifugiato politico e religioso e i migranti economici che vogliono cambiare il loro luogo di residenza». 

Infine Sarah attaccò l’ideologia oggi dominante che tende «a erodere i confini naturali delle patrie e le culture, e conduce a un mondo post-nazionale e unidimensionale dove contano solo il consumo e la produzione. Ma», disse «questa direzione di sviluppo è inaccettabile».

ESILIO E SCHIAVITÙ - In un’altra circostanza, bocciando fra l’altro il Global Compact sulle migrazioni dell’Onu, Sarah dichiarò: «Come si può accettare che i Paesi (africani, ndr) siano privati di così tanti loro figli? Come si svilupperanno queste nazioni se così tanti loro lavoratori sceglieranno l’esilio?».
Il prelato citò anche il nome di un «generale dell’intelligence militare francese» il quale aveva dichiarato: «Questa invasione dell’Europa da parte dei migranti è programmata, controllata e accettata».

Poi il cardinale si dichiarò «disgustato» dalle tante storie di «morte, schiavitù e sfruttamento» che «sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un eldorado sognato. Le filiere mafiose dei trafficanti devono essere sradicate con la massima fermezza». Sarah aggiunse: «La barbarie non può durare più. L’unica soluzione duratura è lo sviluppo economico in Africa» perciò «si deve fare tutto affinché gli uomini possano rimanere nei Paesi in cui sono nati».

 

 

Tuonò contro «la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa» e concluse: «Se l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio Paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo». Pare quasi che l’attuale governo abbia disegnato la sua politica migratoria sulla base delle parole del cardinale africano. Ed è una politica umanitaria. Come la decisione di dare la cittadinanza a Indi.

Purtroppo l’appello dell’Italia a Londra non è stato accolto. Ma il padre di Indi ha ringraziato il nostro Paese: «L’Italia ci dà forza e coraggio per combattere l’ingiustizia... Mi commuove fino alle lacrime. Ti amiamo, Italia!».

L’INFERNO E IL PARADISO - È commovente come ha spiegato la decisione di far battezzare la loro bimba: «Non sono religioso e non sono battezzato. Ma quando ero in tribunale mi sembrava di essere stato trascinato all’inferno. Ho pensato che se l’inferno esiste, allora deve esistere anche il paradiso. Era come se il diavolo fosse lì. Ho pensato che se esiste il diavolo allora deve esistere Dio. Una volontaria cristiana visitava ogni giorno il reparto di terapia intensiva e mi ha detto che il battesimo ti protegge e ti apre la porta del paradiso. Mi hanno colpito molto anche i miei avvocati del Christian Legal Centre, il modo in cui mi hanno sostenuto e la loro dedizione. È stato come se il battesimo di Indi fosse anche un modo per riconoscere il loro lavoro. Ho visto com’è l’inferno e voglio che Indi vada in paradiso. Anzi, ho deciso che anche io e mia figlia dovremmo battezzarci. Vogliamo essere protetti in questa vita e andare in paradiso». Di fronte alla malattia e all’incomprensione del mondo, questi genitori hanno intuito che c’è la felicità che dona Dio: è per sempre e nessuno potrà toglierla, a Indie a loro.

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