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Hamas, Giuliano Ferrara liquida la sinistra: "Fortezza costruita sulla morte dei civili"

Giuliano Ferrara

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Da quando è scoppiata la guerra tra Hamas e Israele, di teorie sulle origini del conflitto se ne sono sentite tante. Una delle più illogiche, come scrive Giuliano Ferrara sul Foglio, è quella secondo cui il premier israeliano "Netanyahu ha pagato e incoraggiato Hamas fino al 7 ottobre, ha 'favorito' gli autori del pogrom. Detta così sembra la delineazione di una complicità morale, un crimine filoterrorista". Le cose però non starebbero proprio così. A tal proposito il giornalista parla di "una strategia il cui scopo era la sicurezza di Israele attraverso gli accordi di Abramo e, in genere, l’affermazione della logica del divide et impera applicata alle organizzazioni politiche e militari palestinesi". Una strategia che si è dimostrata un fallimento ma non un atto di complicità criminale. 

Su Hamas, invece, Ferrara scrive che "è una banda feroce di predoni dell’islam politico, un’avanguardia ostinata del fronte antiebraico il cui scopo è la distruzione del nemico assoluto, ma è anche formalmente una componente dell’Olp o Autorità Palestinese". Sottolineando che la sua intenzione non è affatto quella di difendere Netanyahu, il giornalista chiarisce che lui vuole solo difendere "la distinzione logica tra critica politica dura e insinuazione obliqua di tipo moralistico".

 

 

 

Un'altra teoria che Ferrara smonta è quella secondo cui Israele occuperebbe militarmente la Cisgiordania dal 1967: "Va ricordato che la piattaforma del negoziato di Oslo, il cui padre nobile lontano era il fondatore dello stato ebraico Ben Gurion con la sua diffidenza verso il metodo dell’occupazione militare indefinita dei territori e il cui padre politico fu Rabin, era basata sullo scambio tra la terra e la pace. L’occupazione era il pegno della terra per un negoziato". Il giornalista ricorda che "Rabin firmò con Arafat un accordo, nel 1993, che prevedeva la fine formale e sostanziale dell’obiettivo strategico di distruggere e cancellare Israele da parte dell’Olp in cambio della formazione di uno stato palestinese su oltre il 90 per cento della terra occupata dopo la guerra dei sei giorni del 1967". 

Dunque l’occupazione della Cisgiordania, di cui tanto si parla oggi, era - come spiega ancora Ferrara - "il pegno militare e politico di un negoziato per garantire a Israele il riconoscimento, che alla fine doveva essere reciproco, con il nemico relativizzato e dissuaso". Riferendosi poi alle voci secondo cui i coloni sarebbero un’orda di "neocolonialisti che scacciano gli autoctoni dal loro paese", Ferrara puntualizza: "In linea di principio bisogna ammettere che una popolazione ebraica che vuole abitare quella che è storicamente la regione della Giudea e della Samaria dovrebbe avere il legittimo potere di farlo, anche in un quadro di due popoli e due stati, così come quasi un milione di arabi vivono, lavorano, votano, sono eletti in parlamento e godono di diritti civili nel territorio storico di Israele, nei suoi confini".

Infine, sull'elevato numero di vittime civili a Gaza, il giornalista su Hamas sottolinea: "L’uso di ospedali ambulanze scuole centri infantili di gioco e moschee come scudo militare è inaudito: hanno costruito una fortezza terroristica sulla scommessa della morte dei civili, per scopi di propaganda e di tattica armata, e nel mondo c’è gente che sfila e questa fortezza la chiama pace e liberazione". Un passaggio, questo, che spiega alla perfezione il titolo del fondo di Ferrara: "Equivoci sinistri sulla guerra che si combatte a Gaza"

 

 

 

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