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Usa-Iran, la guerra è già iniziata: jet contro jihadisti

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Gli occhi del mondo sono puntati, giustamente, su Gaza che Israele bombarda convinto che nei tunnel costruiti sotto case, ospedali e scuole, si nascondano i terroristi di Hamas. In realtà non è l'unica guerra che si sta combattendo nell'area. Mentre chiedono a Netanyahu di cessare il fuoco in Palestina, gli Stati Uniti attaccano la Siria. Ma lì non ci sono solo loro: "in Siria tutti bombardano tutti", rivela Gianluca De Feo su Repubblica spiegando che i jet russi attaccano i guerriglieri jihadisti asserragliati a Idlib, ultimo bastione che resiste al regime di Assad, provocando cento tra morti e feriti; quelli americani colpiscono le milizie filo-iraniane che prendono di mira le basi statunitensi presenti nel Paese. E nei giorni scorsi i droni turchi schierati nel Nord hanno distrutto la casa di un dirigente curdo delle Syrian Democratic Forces (Sdf), la formazione che combatte contro l’Isis al fianco degli Stati Uniti. 

 

 

In pratica spiega Repubblica, la guerra di Gaza sembra diventata il pretesto per un violento regolamento di conti in Siria. Ogni esercito persegue una sua strategia e ha i suoi obiettivi. Ma Teheran, Mosca, Damasco e persino Ankara sembrano avere un interesse convergente e prioritario: spingere il Pentagono a ritirare i suoi reparti dalla Siria dove ci sono ancora 900 militari Usa che presidiano, insieme alle Sdf, alcune postazioni nelle regioni nord-orientali: sono l’ultimo contributo di Washington alla coalizione internazionale contro lo Stato islamico. Dal 17 ottobre, rivela De Feo, le milizie sciite addestrate ed equipaggiate da Guardiani della Rivoluzione di Teheran hanno cominciato a colpire le installazioni americane. Sono i volontari iracheni e afghani che assieme agli Hezbollah libanesi hanno permesso al dittatore Bashir Assad di sconfiggere la rivolta e riconquistare gran parte del Paese. 

 

 

 

Da parte loro gli americani già tre volte sono entrati in azione con gli stormi dell'Air Force per punire i terroristi sciiti. Nelle prime due, hanno evitato di provocare vittime ma domenica notte hanno alzato il tiro e nel raid degli F15E ci sono stati tra sei e nove morti. Secondo il New York Times, il Pentagono aveva proposto un’azione più incisiva ma la presidenza Biden non l’ha approvata, temendo di offrire agli ayatollah un casus belli per l’allargamento del conflitto. Il bombardamento però non ha spaventato i guerriglieri filo- iraniani, che ieri hanno risposto con altri quattro lanci di ordigni. Un drone kamikaze ha superato le difese dell’aeroporto di Rumalyn, devastando alcune tende. Ora, conclude De Feo, si attende di capire quale sarà l’ulteriore reazione statunitense. 

 

 

 

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