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Israele-Palestina, se i piani di pace sono tanti ma tutti a senso unico

Mirko Molteni
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La diplomazia lavora per fermare il conflitto in Medio Oriente, ma pare tutta incentrata sulle sofferenze dei civili palestinesi, tacendo troppo spesso le aspirazioni di Israele alla sicurezza e al non subire stragi, moventi dell'intervento militare. L'Ue annuncia che da oggi il suo Alto rappresentante Esteri, Josep Borrell, inizierà un tour diplomatico di 5 giorni in Israele e vari Paesi arabi per proporre un suo piano di pace in 6 punti, il cosiddetto “tre no e tre sì”, ovvero: no all'espulsione dei palestinesi di Gaza, no alla riduzione del territorio di Gaza, no alla rioccupazione d'Israele e al ritorno di Hamas, sì a un'autorità palestinese, sì al coinvolgimento dei Paesi arabi nella soluzione politica e sì al coinvolgimento dell'UE nella costruzione dello stato palestinese.

 

 

Il responsabile Esteri UE vedrà oggi il presidente israeliano Isaac Herzog, il ministro Benny Gantz, il ministro degli Esteri Eli Cohen e il capo dell'opposizione Yair Lapid. Visiterà uno dei villaggi assaliti dai terroristi di Hamas il 7 ottobre intrattenendosi con i famigliari di vittime e ostaggi. Domani si sposterà a Ramallah, in Cisgiordania, per parlare col presidente palestinese Mahmoud Abbas. Sabato Borrell sarà in Bahrein per una sessione col ministro degli Esteri iracheno, Fuad Hussein, e il ministro degli Esteri kuwaitiano, Abdullah Al Jaber Al Sabah.  Nuova tappa in Arabia Saudita dal ministro degli Esteri Faisal bin Farhan Al Saud. Domenica, Borrell sarà in Qatar per incontrare l'emiro del Qatar. Infine lunedì, sarà ad Amman, in Giordania, davanti a re Abdallah II.

 

L’Ue punta a due Stati indipendenti per israeliani e palestinesi, ma un piano concorrente, in 10 punti, è stato presentato ieri dall'Onu. Nel delinearlo, il capo Affari Umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, ha detto che «la carneficina a Gaza raggiunge ogni giorno nuovi livelli di orrore». Ma non ha rammentato che all'origine ci sono i feroci macelli perpetrati da Hamas nei kibbutz. E non prospetta soluzioni anche a beneficio della sicurezza di Israele. Almeno, il piano di Borrell esclude che Hamas governi ancora Gaza. Fra i 10 punti Onu ci sono: «Facilitare un flusso di convogli di aiuti, aprire altri valichi di frontiera per l'ingresso di camion, tra cui Kerem Shalom, permettere all'Onu e alle ong di avere carburante per garantire aiuti e servizi». Anche gli altri punti, in sostanza, gravitano tutti sui civili palestinesi, come «espandere i rifugi sicuri per gli sfollati nelle scuole e altre installazioni pubbliche a Gaza, da garantire come zone sicure durante le ostilità». Quanto al Consiglio di Sicurezza Onu, ieri sera ha votato su una proposta di “pause umanitarie” avanzata da Malta, mentre domani una sessione dell'Assemblea Generale su richiesta dei paesi arabi, discuterà ancora il lato umanitario. Frattanto, sul giornale israeliano Haaretz l'esperto Zvi Bar'el sostiene che l'Iran sta usando Hamas e Hezbollah come alleati usa e getta, poiché «non sono al centro del suo concetto di sicurezza». L'Iran, secondo Bar'el, è guidato dalla realpolitik e in caso di sconfitta di Hamas ed Hezbollah ha già pronto come piano alternativo il riavvicinamento ad Arabia Saudita, con cui già Teheran ha iniziato un disgelo grazie alla mediazione della Cina, Emirati Arabi Uniti ed Egitto

 

 

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