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Clinton, spunta il suo nome tra i pedofili

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Carlo Nicolato
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Il nome di “John Doe 36” viene citato almeno 50 volte in quei documenti. John Doe e Jane Doe, al femminile, sono di fatto gli appellativi generici usati nel gergo giuridico anglosassone per indicare una persona la cui reale identità è sconosciuta o va mantenuta tale, e in questa lista, relativa alla causa intentata contro Ghislaine Maxwell, socia del defunto finanziere, imprenditore e predatore sessuale Jeffrey Epstein, di tali diciture ce ne sono oltre 170, differenziate semplicemente con un numero a fianco. Da quest’anno però, dal momento che nessun avvocato si è opposto, i nomi veri verranno svelati e il numero 36 sarà associato all’identità di Bill Clinton. E a nostra volta, dal momento che si parla di reati a sfondo sessuale, è impossibile non associare il nome dell’ex presidente democratico alle vicende da sottoscrivania che lo coinvolsero negli anni ‘90 e fecero traballare il suo mandato.
Ma quella è ovviamente un’altra storia, in questa il suo è solo quello di un “innocente amico” o “conoscente a vario titolo”, almeno per il momento, di certo uno dei più altisonanti insieme a quello del principe Andrea e di Bill Gates, nonché quello politicamente più importante, al netto di sorprese dell’ultimo momento che potrebbero riguardare Donald Trump.
 

STRATEGIA DIFENSIVA
Lo staff di Bill non ha voluto commentare rimandando alle dichiarazioni che erano già state rilasciate al Washington Examiner nel 2019, quando il nome di Clinton era stato per la prima volta affiancato sui giornali a quello di Epstein. In relazione ai crimini dell’imputato «il presidente non è mai stato accusato di alcun illecito» e «non si è opposto all’apertura del sigillo», disse il portavoce Angel Urena, aggiungendo che Clinton «non sa nulla dei terribili crimini di cui Jeffrey Epstein si è dichiarato colpevole in Florida alcuni anni fa, o di quelli di cui è stato recentemente accusato a New York». Epstein si sarebbe poi tolto la vita di lì a poco, il 10 agosto 2019, e la circostanza per la quale ciò avrebbe fatto comodo a troppi e che il suicidio avvenne in un carcere in cui quel detenuto eccellente avrebbe dovuto essere sorvegliato 24 ore su 24 aveva scatenato tutte le teorie più o meno verosimili sui responsabili della sua morte.

Una di queste, messa in giro tra gli altri dal comico Terrence Williams e ritwittata da Trump stesso, sosteneva che dietro la sua morte ci fossero proprio i Clinton. Chi altri avrebbero avuto il potere di farlo tacere per sempre con tanta facilità? Tesi che sarebbe poi stata avvalorata dal ritrovamento nella casa di Manhattan di Epstein, in bella vista «appena entrati in una stanza a destra», di un orrendo dipinto a olio a firma dell’artista Petrina Ryan-Kleid che raffigura proprio Bill Clinton seduto di traverso su una sedia dello Studio Ovale in abiti femminili blu e scarpe rosse con il tacco. Ma qui ovviamente si entra nel melmoso campo del complottismo, per rimanere ai fatti provati o da provare va sottolineato che mentre il portavoce Urena aveva assicurato che l’ex presidente «non parla con Epstein da oltre un decennio e non è mai stato nella villa sull'isola di Little St. James», quella in cui si tenevano i festini, nel 2015 durante i dibattimenti della causa che Virginia Giuffrè aveva intentato contro il ricco finanziere, era emerso che la stessa aveva incontrato nella villa suddetta l’ex presidente più di una volta.
 

I VIAGGI AEREI
A tal proposito Urena risposte che l’ex presidente aveva effettuato «un totale di quattro viaggi sull'aereo di Jeffrey Epstein: uno in Europa, uno in Asia e due in Africa, comprese soste legate al lavoro della Fondazione Clinton», ma i registri di volo sostengono invece che aveva volato decine di volte, anche se non si sa se fosse effettivamente andato a St. James, o in New Mexico e in Florida dove l’imprenditore aveva altre ville. Nel 2020 l’imprenditore Doug Band aveva altresì rivelato a Vanity Fair che il suo ex socio Bill Clinton era effettivamente andato a St. James, ma anche in questo caso l’ufficio dell’ex presidente democratico aveva smentito sostenendo che dietro tali dichiarazioni c’erano vecchi rancori di Doug nei confronti dell’ex socio.

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