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La difesa del Mar Rosso e la chiusura dei valichi: due nodi chiave per l'economia italiana

Miro Scariot e Andrea Giuricin
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I dati di crescita per il 2024 potrebbero essere intaccati dai problemi della logistica globale. Gli attacchi terroristici degli Houthi hanno ridotto di oltre il 50% i traffici di Suez con un grave impatto sulle catene logistiche, ma anche potenzialmente sull’inflazione. A questo bisogna aggiungere che il nostro export è colpito dalla chiusura di due assi ferroviari rilevanti verso Francia e Svizzera che potrebbe protrarsi fino alla fine dell’anno e oltre. La crisi del Mar Rosso minaccia le rotte commerciali e tutta la catena logistica la cui forza dipende dalla capacità di ogni singolo anello di reggere gli stress; in sostanza basta un anello più debole, di “plastica”, per compromettere una catena di acciaio. L’aumento dei prezzi dei noli dei container di oltre 5 volte da ottobre ad oggi, oltre all’allungamento dei tempi di percorrenza per la circumnavigazione dell’Africa, sta provocando un forte allarme al sistema produttivo italiano.

 


La metafora degli anelli la conosciamo molto bene da qualche mese in Italia a causa della “crisi dei trafori”, i cui effetti nocivi per l’export non mancheranno di riflettersi sui porti, sulla filiera verso la Francia e il mercato Europeo. Una problematica che potrebbe ripetersi anche in senso inverso, ossia in entrata, qualora la crisi del Mar Rosso dovesse provocare un vantaggio competitivo nel medio periodo per i porti del Nord Europa a scapito di quelli italiani. Spesso ci si dimentica della logistica, ma per un paese trasformatore come l’Italia è davvero essenziale per mantenere competitiva la nostra economia. Avere due trafori ferroviari bloccati da diversi mesi e per diversi mesi ancora (Frejus e Gottardo), provoca una perdita di competitività a tutta la nostra economia. La logistica va trattata in modo strutturale e non ricordarsene solamente quando ci sono delle crisi epocali. Bisogna scongiurare quei colli di bottiglia che, una certa indolenza politica del passato ha purtroppo favorito e che non permettono al nostro paese di essere competitivo. Non si tratta solo di fare le grandi opere, ma anche di fare quelle interconnessioni che ci portino ad avere un sistema intermodale efficiente.

Non è un caso che la Banca Mondiale nel suo “logistic index” metta l’Italia al diciannovesimo posto e individui delle debolezze, che non per forza sono dal lato “hardware”, vale a dire l’infrastruttura, ma anche dal lato “sofware”, lato riforme (si pensi alle dogane).  La chiusura dei valichi alpini, e la riduzione del traffico al Brennero, devono fare riflettere su quanto sia fondamentale la logistica per lo sviluppo e la crescita, soprattutto per l’Italia: un Paese con un’industria di trasformazione fortemente orientata all’esportazione. Va da sé che in un’economia globale, dove le catene di approvvigionamento si allungano fino ad altri continenti, è necessaria un’attenta progettazione dell’infrastruttura, magari avvalendosi di un approccio predittivo per anticipare i trend o – ed è il caso del Mar Rosso – individuare il rischio (geo)-politico. Questo significa consolidare l’hardware esistente sul territorio nazionale, ma anche difendere un asset strategico sovranazionale come le rotte commerciali.

 

L’impegno militare contro la minaccia Houthi è un atto necessario per rimettere ordine al caos generato da uno dei molti conflitti regionali. Difendere le infrastrutture dalle vecchie e dalle nuove minacce richiede il superamento dell’indolenza, di quella passività che ha trascurato la pianificazione di nuove opere e i rischi derivanti dall’instabilità o dall’assenza di soluzioni alternative. Tuttavia, bisogna anche trovare delle soluzioni di breve periodo, ad esempio per il settore ferroviario merci, ora che si evidenzia una minore capacità a pagare da parte degli operatori a causa dei problemi infrastrutturali indipendenti anche dall’Italia. Difendere la logistica significa anche non accorgersi solamente del settore quando si scontra a crisi epocali (vedi la crisi Covid o quella odierna del Mar Rosso) e non significa solo migliorare l’infrastruttura esistente, ma anche a pensare riforme. Trovare delle soluzioni di corto-medio periodo è un altro dei tasselli che la politica deve cercare per migliorare la competitività dell’Italia, perché senza un sistema logistico efficiente, la nostra crescita economica non potrà più tornare a livelli soddisfacenti.

 

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