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Don Hankey, il venditore d'auto che sgancia 175 milioni per salvare Donald Trump

Matteo Legnani
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È un elettore di Trump e, nel 2016, aveva donato 80mila dollari alla causa repubblicana in vista delle presidenziali che quell'anno portarono il tycoon alla Casa Bianca. E, come lui, si chiama Don, Donald. Ma i due non sono amici. Don Hankey dice di non aver mai incontrato Trump, né di avergli mai parlato al telefono.

Ottant'anni, californiano, è l’uomo che ha “salvato” (per il momento) l’ex presidente degli Stati Uniti dalle grinfie della procuratrice generale dello Stato di New York, Letitia James. La sua Knight Speciality Insurance ha infatti garantito l’emissione del bond da 175 milioni di dollari chela corte d'appello dello Stato di New York aveva chiesto a Trump di emettere per potersi garantire il processo di appello contro la sentenza che in primo grado lo ha condannato per frode a una multa da 454 milioni di dollari.

Sconosciuto ai più prima di lunedì, Don Hankey ha fatto fortuna nel settore dell’auto attraverso accordi con decine e decine di migliaia di concessionari in tutti gli Stati Uniti, sostituendosi alle banche nell'emissione dei prestiti ai clienti, incassando poi gli interessi o prendendo possesso del bene (l’auto) qualora l’acquirente non sia in grado di onorare il pagamento delle rate.

Un business nato negli anni Settanta a Los Angeles dove il giovane Hankey era subentrato al padre nella guida della concessionaria di famiglia, iniziando a prestare soldi ai suoi stessi clienti perché comprassero le auto da lui. Il sistema ha funzionato al punto che quarant’anni più tardi è più ricco dello stesso Trump, con una fortuna che Forbes ha stimato intorno ai 7,4 miliardi di dollari e che ne fa uno dei 500 nomi della Bloomberg 500, la lista dei 500 uomini più ricchi del mondo.
«La politica non c’entra», ha spiegato Hankey ai media americani. «Questi sono semplicemente affari». Che nel caso del bond per Trump dovrebbero portargli in tasca interessi per circa 3,5 milioni di dollari l’anno.

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