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Nuove rotte e strategie della guerra dell'oppio

Costanza Cavalli
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L’effetto farfalla, in un mondo globalizzato, interconnesso e capitalista, vale anche per il traffico dell’eroina: dall’Asia meridionale al Sud-Est Asiatico, dalla Cina fino all’Europa, il tornado delle droghe pesanti è generato da scelte politiche (più o meno di facciata), alimentato da guerre civili, orientato dalle tendenze dei consumatori, agevolato dall’intelligenza artificiale e dal web. Come ogni sistema complesso, il futuro dell’oppiaceo - che tutt’ora conta 31 milioni e mezzo di consumatori nel mondo per un mercato che, solo nell’Unione Europea, vale 5,2 miliardi l’anno - è difficile da prevedere, ma sono tre i fattori che ne stanno ridefinendo le rotte: il bando alla produzione di oppio in Afghanistan, la guerra civile in Myanmar, l’incremento in Europa della presenza di oppioidi, a partire dal fentanyl.

Nonostante i proclami, l’Afghanistan resta saldamente in testa al mercato. Nell’aprile del 2022 la guida suprema Haibatullah Akhundzada lancia una fatwa che vieta le piantagioni di Papaver somniferum. Gli ettari dedicati passano da 233mila nel 2022 a 10.800 nel 2023, le tonnellate di oppio da 6.200 a 333 (dati: Ufficio contro la droga e il crimine Onu).Il governo talebano informa di aver distrutto 600 laboratori, di aver arrestato oltre 6mila persone, di aver dato alle fiamme 23mila tonnellate di piantagioni. Eppure il Paese «rimane responsabile dell’80% della produzione mondiale di oppiacei nel 2022», ci spiega Vincenzo Musacchio, criminologo, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies di Newark, membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E la tendenza non si invertirà: «La coltivazione è sopravvivenza per la stragrande maggioranza degli agricoltori e permette ai talebani di accrescere il loro potere economico e militare».

 

 

LA PISTA BIANCA - Afghanistan, Iran, Turchia e Pakistan restano i principali produttori di eroina e da lì parte l’esportazione verso casa nostra: «Dall’Afghanistan verso la Turchia, passa dall’Europa orientale. Oppure dal Pakistan giunge nei porti dell’Africa orientale e risale il continente nero per arrivare nell’Europa meridionale».

A quasi tremila chilometri di distanza, da febbraio 2021 infuria la guerra civile: nel terzo annodi presa del potere dei militari, il Myanmar ha aumentato la produzione di oppio del 18%, da 40.100 a 47.100 ettari coltivati, la stima è di 154 tonnellate di eroina esportate.

Secondo l’Onu, la coltivazione di oppio nel Triangolo d’Oro (ex Birmania, Laos e Thailandia) nel 2023 «ha continuato ad espandersi». Dove c’è lotta armata, c’è narcotraffico per finanziare il conflitto. E da qui gli oppiacei raggiungono India, Bangladesh, Malesia, Indonesia e Filippine e i mercati più remunerativi di Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Australia.

Le rotte cambiano a seconda delle necessità, spiega Musacchio: «Quando la Siria non era più praticabile a causa della guerra, per esempio, l’eroina passava per la Turchia e attraverso i Balcani arrivava in Europa». Così come oggi il conflitto Russia-Ucraina devia la rotta del Caucaso: una volta le spedizioni arrivavano a Odessa, ora, secondo l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, sono dirottate verso Romania, Moldavia, Bulgaria, Paesi Baltici.

EFFETTO FENTANYL - Arriviamo al fentanyl: nonostante non si registrino carenze di eroina sui mercati europei, gli osservatori hanno lanciato l’allarme sulla scarsa purezza della sostanza in circolazione e sulla conseguente diffusione di oppioidi. Sarà più redditizio puntare sulle droghe sintetiche? «Il mercato delle sostanze stupefacenti si fonda sul “policonsumo”. Ci s’impasticca, si sniffa, ci si buca», osserva l’esperto. «Le droghe sintetiche presentano certamente vantaggi: meno rischi e più guadagni per le organizzazioni criminali».

 

 

L’unica motivazione, insomma, resta l’avidità. Con un effetto domino di portata internazionale: «In Cina, c’è il più grande mercato di droghe sintetiche, tra cui primeggia il fentanyl, che serve anche per sintetizzare altre droghe», continua Musacchio.

Il 16 aprile scorso un rapporto del Congresso statunitense ha accusato Pechino di «uno dei più orrendi disastri che gli Stati Uniti abbiano mai affrontato», che sta «uccidendo almeno duecento persone al giorno» e che è la principale causa di morte nella fascia d’età 18-45 anni. Secondo il rapporto, le aziende cinesi producono quasi tutti i precursori del fentanyl (il 97%) e l’80% dei precursori delle metanfetamine indirizzate ai cartelli messicani, da dove arrivano ai mercati globali.

Anche oggi le droghe possono diventare un’arma, come successe nell’Ottocento con le guerre dell’oppio tra Regno Unito e Cina? «Assolutamente sì, esiste un uso militare delle droghe. In passato come risposta alla penetrazione commerciale britannica, che aveva aperto il mercato cinese all’oppio proveniente dall’India britannica, la Cina inasprì i propri divieti sulla droga e ciò scatenò il conflitto».

E dei rapporti Usa-Cina, Musacchio parla di “guerra ibrida”: «Nel 2022, in America hanno perso la vita 75mila persone per overdose da fentanyl: una sostanza stupefacente in grado di fare più vittime di missili, bombe e carri armati». 

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