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Giorgia Meloni ed Elon Musk, "una relazione sentimentale": compagni all'ultima spiaggia

Francesco Specchia
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 Quando arriviamo all’effetto Choderlos de Laclos, al sospiro romantico di Liaisons Dangereuses, relazioni pericolose mai avvenute, be’, non siamo più in politica. Siamo al gossip stroboscopico. Quando Elon Musk, ora, si trova costretto a postare – su X, il suo social network, ovviamente- che «non c’è alcuna relazione sentimentale con il primo ministro Giorgia Meloni. Ero lì con mia madre», in riferimento a un commento pruriginoso di tal giornalista dem Simmon Goddeck ad una foto in cui gli stessi Musk e Giorgia si sorridono e incrociano gli sguardi al tavolo del Global Citizen all’Onu («Sappiamo cosa è successo dopo» insinua Goddeck); bé, è lì che quel commento diventa subito virale e fa il giro del pianeta. Da sinistra in molti rilanciano e ironizzano. Il comico Luca Bizzarri, sempre su X, scherza: «Che poi a pensarci: quella brava e studiosa che si mette col tossicone miliardario è un classico».

Ed è a quel punto che qualcosa stride. Stride nella struttura stessa della libertà d’espressione e della democratica circolazione delle idee. Giorgia e il “merlo Musk”, per citare Luciano Bianciardi e Lando Buzzanca.

 

 

 

Smentire un’illazione puramente ormonale e renderla comunicazione istituzionale resta - ammettiamolo- un gesto bizzarro. Certo, il genio patròn di Tesla, che liberò il suo social dal recinto delle censure woke e delle opinioni felpate e politicamente corrette, se la ride. Ma per gli altri - i comuni mortali, che siano elettori o semplici spettatori- davvero l’interrogativo che sguscia dalle critiche trasversali alla consegna del premio Atlantic Council newyorkese è uno: chi ha paura di Elon Musk? Anzi, meglio: chi ha paura di Elon Musk con Giorgia Meloni? Anzi, meglio ancora: chi ha paura di Elon Musk che fa l’endorsement a Giorgia Meloni, evocando future collaborazione industrial/tecnologiche in Italia?

 

 

 

Magari l’apertura di una seconda “gigafactory” come quella inaugurata in Germania, dove potremmo attrarre capitali esteri e lanciare la sfida europea all’auto elettrica cinese? Altra domanda, a cascata: Musk può diventare il George Soros dei conservatori europei? E se sì- ce l’auguriamo tutti, a livello di vil pecunia - come tenteranno di fermarlo? E qui torniamo a bomba.

 

DA ATREJU AGLI STATES

Musk e Meloni sono troppo pericolosamente insieme. Tre incontri in poco più di un anno, prima a Palazzo Chigi, poi al raduno di Atreju 2023 e adesso nella mecca della Grande Mela per gala mondani ed eventi aziendali, la Ziegfeld Ballroom, in cui Giorgia ha richiesto che fosse proprio Elon a consegnarle il riconoscimento dell’Atlantic Council ai «rari individui che ispirano il mondo», peraltro già in precedenza assegnato al “meloniano” acquisito Mario Draghi. «È abbastanza per domandarsi: la destra ha trovato un nuovo guru? E dove immagina che possa condurla, qual è la suggestione che insegue?», si chiede ancora Flavia Perina sulla Stampa. Elencando, però, anche le caratteristiche dell’uomo Musk che, dovrebbero essere avverse alla destra di un tempo.

 

 

 

Almeno, in teoria. Musk è il più tignoso nella ristretta cerchia padroni del mondo «non soggetti alle regole dei comuni mortali». Musk fa (o faceva, a seconda della vulgata) uso di droghe; tre dei suoi dieci figli sono nati con l'utero in affitto, «che la destra giudica reato universale e vorrebbe perseguire ovunque». E quand’era più dem, Musk, aiutava gli ucraini in guerra contro Putin grazie al suo satellite Starlink, mentre oggi è diventato molto più accondiscendente verso la Russia, come un Michele Santoro qualsiasi. Inoltre, nelle sue visioni a lunga gittata, i più critici intravvedono un «transumanesimo» che oltrepassa il sogno del viaggio su Marte (è previsto, comunque, per il 2028).

Un sogno cullato da Musk sin da quando, bambino, dall’abbaino del suo villone di Pretoria, sotto istigazione del padre ingegnere, immaginava di costruire razzi e partire come il Capitano Kirk di Star Trek per «arrivare là dove nessun uomo è giunto prima». In compenso, Musk è tenacemente contro il politically correct, e sostiene la stessa battaglia demografica di Lollobrigida. E questo è molto di destra.

 

IL SOGNO AMERICANO

Inutile dire che la sinistra e i liberal d’ogni dove (per esempio il clintoniano Robert Reich e l’accademico newyokese Jeff Jarvis in America, Gianni Riotta e Beppe Severgnini da noi) per tutto ciò, scivolano in inevitabili moti di stizza. Sicché, tutta la poetica self-made-man di Musk, un tempo molto pop, ora si muta, via via, in fascisteria trumpiana («Musk è il cheer leader di Donald!»), in arroganza reaganiana, perfino in dittatura “hitleriana” quando si toccano i contenuti dell’ex Twitter da lui resettato in senso repubblicano.

Anche se, come ben afferma Piero Vietti sul settimanale Tempi Elon Musk non è, tecnicamente, «un conservatore, è un libertario con idee estreme, certo non un modello di virtù negli affari...». Epperò, Musk è quello che è: l’uomo più ricco del mondo (251 miliardi di dollari al 10 settembre 2023). È il proprietario di Tesla, di SpaceX – prima compagnia privata a mandare in orbita civili. È il fondatore di Neuralink e Open AI; anzi, per essere precisi, Musk ha fatto causa a Sam Altman e Greg Brockman, rispettivamente amministratore delegato e presidente della OpenAi: «La OpenAi, il cui nome sarebbe stato suggerito proprio da Musk, avrebbe dovuto rimanere non profit e avrebbe dovuto agire condividendo pubblicamente tutte le proprie scoperte tecnologiche secondo una logica open source», afferma attraverso i legali.
E Musk rimane il visionario che ha reso affascinanti le auto elettriche a guida autonoma; e quello che inventa lanciafiamme e tunnel per svincolare dal traffico in città; che e da lì è partito alla conquista dell’universo. E Musk resta sempre un giustappunto - underdog con la sindrome di Asperger; un ex reietto che, senza laurea, è scappato dal padre in Australia con 4mila dollari in tasca, per raggiungere il sogno americano, sfilandolo ai grandi giocattoli tecnologici di Jeff Bezos, Bill Gates, Mark Zuckerberg.
Nella biografia ufficiale su di lui firmata da Walter Isaacson (Mondadori), ma anche in quella dello storico militare Chris McNab (Gremese) Elon appare sempre come un genio spiritato: un mix tra Henry Ford, Ronald Reagan e il Tony Stark dei fumetti Marvel. E nei tavoli ufficiali è l’uomo che sorride alla Meloni. Capisco le reazioni del Pd...

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