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La Cina comunista sfida il mondo: la flotta "fantasma" e il petrolio sciita

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Matteo Legnani
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Nel 2023 l’Iran è stato il settimo produttore di petrolio al mondo, con 3,6 milioni di barili di greggio estratti al giorno. Colpito da sanzioni che impediscono o comunque limitano fortemente gli scambi commerciali con gran parte del pianeta, incluse le esportazioni di petrolio, il Paese degli ayatollah ha tuttavia in questi anni trovato nella Cina un acquirente affidabile. Secondo un dato fornito dal New York Times, Pechino, a sua volta sesto produttore mondiale di greggio, soddisfa il 15% del suo enorme fabbisogno petrolifero proprio rifornendosi dall'Iran. E la richiesta di greggio proveniente dalla Cina è tale da aver riportato i livelli di estrazione dell'oro nero iraniano sui livelli che aveva raggiunto prima che, nel 2018, l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump imponesse sanzioni sul greggio di Teheran.

La questione delle sanzioni tocca, evidentemente, anche il trasporto del greggio dall'Iran verso la Cina. In assenza di un oleodotto che colleghi i due Paesi, ciò non può che avvenire per via marittima. Ossia, attraverso l'impiego di petroliere. E qui entra in gioco la “flotta fantasma” di Teheran. Al NYT, il direttore dell'organizzazione no profit United against Nuclear Iran (“Uniti Contro il Nucleare Iraniano”), Daniel Roth, ha spiegato che «per anni Teheran è stata quasi interamente dipendente da una flottiglia fantasma costituita da circa 400 navi registrate al di fuori del Paese».

È proprio su una di queste che qualche giorno fa la petroliera Fortune Galaxi, parte di una flotta facente capo a un finanziere colpito da sanzioni per il suo sostegno ai Guardiani della rivoluzione islamica, è stata individuata dall’agenzia di rilevamento satellitare TankersTrackers mentre, al largo delle coste iraniane nel Golfo Persico, trasbordava tonnellate e tonnellate di greggio. Si tratta, scrive il quotidiano newyorkese, di vecchie petroliere che negli anni hanno cambiato più e più Paesi di registrazione finendo per essere smarrite dai registri navali internazionali. Spesso addirittura riverniciate o camuffate per evitare di essere identificate. E che viaggiano con documentazione cargo falsificata e con transponder satellitari spenti o comunque manipolati per impedirne l’individuazione dalle agenzie internazionali.

 

 

 

Questa flotta ha svolto e svolge un ruolo fondamentale per l’intera economia iraniana, dato che i profitti derivanti a Teheran da greggio che in teoria non potrebbe vendere ammontano a due miliardi di dollari al mese. «Senza questa flottiglia fantasma ha spiegato ancora al Times Daniel Roth- negli ultimi quattro anni il regime iraniano si sarebbe trovato con un centinaio di miliardi di dollari in meno nelle casse. Denaro che, invece, è servito anche per finanziare gruppi terroristici, progettare e costruire droni e missili balistici (a loro volta venduti quando alla Russia, quando ad Hamas, ad hezbollah o agli Houthi dello Yemen) e a sostenere il programma nucleare».

Israele sa quanto il petrolio sia vitale per l'influenza che Teheran ha su tutta la regione. Secondo alcuni osservatori, tra gli obiettivi primari di una risposta di Gerusalemme alla pioggia di missili di qualche giorno fa, ci sarebbero il terminale sull'isola di Kharg, da cui partirebbe la bellezza di tre milioni di barili di greggio al giorno, e la raffineria di Abadan, nei pressi del confine con l'Iraq. Il blitz contro i siti petroliferi, tuttavia, è fortemente sconsigliato da alcune cancellerie per il timore di ripercussioni sul prezzo del greggio. Chi invece invoca un attacco risolutivo nei confronti del regime di Teheran è lo shah in esilio Reza Pahlavi, che attraverso un video su X domenica si è rivolto «a tutte le popolazioni del Medio Oriente» esortandole a «sostenere la fine del regime degli ayatollah e la fine di 45 annidi terrore».

 

 

 

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