Pakpour, il "boia" dei Pasdaran che ha in mano il destino dell'Iran

di Mirko Moltenidomenica 15 giugno 2025
Pakpour, il "boia" dei Pasdaran che ha in mano il destino dell'Iran
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Dopo l'uccisione del comandante della Guardia Rivoluzionaria pasdaran, Hossein Salami, negli attacchi aerei israeliani, il regime iraniano ha nominato un successore non meno agguerrito del precedente. È il generale Mohammad Pakpour, 64 anni, nativo di Arak. Fino a ieri era capo, dal 2009, delle forze terrestri dei pasdaran.

Giova ricordare che i “guardiani”, ovvero Sepah-e-Pasdaran, la milizia fedelissima del regime, stimata in 200.000 uomini, è suddivisa in un esercito di terra, una marina e un’aviazione, oltre alle forze speciali Quds, che ne fanno forze armate parallele a quelle regolari.

Pakpour è stato promosso a capo supremo di tutte le forze pasdaran facendo valere un curriculum notevole. Nel ringraziare l'ayatollah Alì Khamenei per essere stato prescelto gli ha inviato una lettera intrisa di propaganda, diffusa dalla stampa iraniana. Vi afferma: «Il sinistro e illegittimo regime di Israele troverà un destino amaro e terribile con grandi e distruttive conseguenze». Ventenne, durante la guerra Iran-Iraq dal 1980 al 1988, si fece le ossa comandando la prima divisione corazzata dei pasdaran, l’8° Divisione Najaf Ashraf, costituita aggregando carri armati T-55 e T-72 catturati agli iracheni sul fronte, e in seguito la 31° Divisione Ashura. Proseguiti gli studi, si laureò in geografia all’Università di Teheran e in geografia politica all'Università di Tarbiat Modares. È dunque esperto di geopolitica, il che potrebbe renderlo in grado di migliorare la collaborazione e coordinazione dei pasdaran con le milizie sciite che da più parti accerchiano Israele, non solo Hezbollah in Libano e gli Huthi in Yemen, ma anche Kataib Hezbollah in Iraq, senza contare ovviamente la pur sunnita Hamas.

Da capo delle forze terrestri pasdaran ha collaborato nel 2016 con l’esercito iracheno aiutandolo a sgominare i terroristi dell’Isis nella terza battaglia di Fallujah. Nel giugno 2017 ha inoltre comandato personalmente sul campo, insieme al generale Salami, le operazioni delle forze speciali Saberin contro altri jihadisti Isis che con attacchi nel cuore di Teheran avevano ucciso 23 persone. Ma è stato anche fra i protagonisti della repressione delle proteste popolari del 2019. Se gli Stati Uniti lo avevano sottoposto a sanzioni già allora, l’Unione Europea lo mise nella lista nera nel 2021. È quindi un comandante di vasta e variegata esperienza, che in 40 anni di carriera ha spaziato dalla guerra convenzionale alle operazioni antiterrorismo, dalla guerra asimmetrica alla repressione poliziesca. E un nuovo bersaglio per Israele.

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