Ancora una settimana o forse due. Le forze armate israeliane (Idf) stimano che raggiungeranno i loro obiettivi in Iran entro quel lasso di tempo. Altri 14 giorni al massimo, dunque, dopo i primi cinque in cui Israele ha conquistato la piena operatività sui cieli della Repubblica islamica per rimuovere la «doppia minaccia esistenziale»: il programma nucleare iraniano e l’arsenale di missili balistici. Dallo scoppio della guerra venerdì scorso, l’Iran ha continuato a lanciare i propri proiettili sui centri abitati di Israele a ondate decrescenti, segno che la rivendicazione israeliana di aver diminuito in maniera sostanziale sia l’arsenale sia il numero delle postazioni di lancio dei missili iraniani corrisponde al vero. Sarebbero 200 ovvero circa il 40 per cento del totale le postazioni distrutte dalla Israeli Air Force (Iaf) diventata in meno di 48 ore padrona dei cieli dell’Iran, un paese le cui difese aree Israele ha decimato lo scorso ottobre e finito di eliminare negli ultimi giorni.
Secondo Dmitry Gendelman, consigliere del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dall’inizio delle ostilità «circa 400 missili e centinaia di droni iraniani hanno preso di mira il territorio israeliano». Una pioggia ostile che ha molto impegnato il sistema antimissile con detriti caduti in «circa 35 località diverse». 25 israeliani sono rimasti uccisi nei lanci contro le città, circa 600 sono rimasti feriti in maniera grave e altrettanti in maniera lieve. Ieri pomeriggio le autorità iraniane hanno riferito di aver colpito degli obiettivi militari in Israele, una circostanza confermata dagli stessi israeliani che non hanno però fornito dettagli. Secondo il Tehran Times gli israeliani hanno fatto circolare le immagini di un deposito di autobus in fiamme per celare quelle della distruzione del quartier generale di Aman, l’intelligence militare, e del Mossad, il servizio di intelligence esterna, ad Herzliya.
Perché il lavoro deve essere finito
Donald Trump ha chiesto la resa incondizionata dell’Iran, siamo di fronte a un altro balzo della storia. Di dritto...Notizie smentita dallo stesso Mossad con una punta di ironia: «L’Iran sostiene dice di aver colpito una palazzina del Mossad con un missile», ha scritto sui social “l’istituto”. «Per fortuna non c’era nessuno... erano tutti in Iran». Ironia a parte, mentre la pressione missilistica su Israele è in via di alleggerimento, lo stato di emergenza è confermato con scuole e uffici chiusi almeno fino a questa sera mentre solo i negozi di beni di prima necessità possono aprire. Sul fronte dell’altra minaccia considerata esistenziale, la Iaf ha finora bombardato due impianti di arricchimento nucleare iraniani, Natanz e Isfahan, causando danni significativi. Eliminati anche nove scienziati nucleari e colpite diverse strutture che sostengono il programma nucleare iraniano menntre resta aperta la questione del sito di Fordo, il più fortificato dei siti per l’arricchimento dell’uranio.
Una soluzione non militare potrebbe arrivare dall’uscita di scena, per morte o per esilio, dell’ayatollah Ali Khamenei, l’86enne Guida Suprema della Repubblica islamica. Secondo le informazioni ricevute da Iran International, ieri Khamenei ha delegato una parte rilevante dei suoi poteri al Consiglio Supremo del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (Irgc). Una mossa per evitare un vuoto di potere improvviso per un leader ricercatissimo che ormai vivrebbe in bunker sotterraneo per scampare agli attacchi israeliani. Ieri è anche arrivata la conferma dell’eliminazione di Ali Shadmani, il generale dei pasdaran che solo quattro giorni fa la Guida Suprema aveva messo alla guida del comando interforze Khatam al-Anbiya in sostituzione del suo predecessore Gholam Ali Rashid ucciso dalla Iaf il primo giorno di guerra. «A chiunque venga offerta quella posizione consiglierei di valutare attentamente», ha affermato ieri il ministro israeliano degli Esteri Gideon Sa’ar. «Si consiglia estrema cautela».
Resta da verificare invece la notizia circolata ieri sera in rete secondo cui l’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad sarebbe stato ucciso ieri nel centro di Teheran assieme a sua moglie e due figli da uomini armati a volto coperto, mentre era in macchina. Alla fine di una giornata difficile per Teheran, si è fatto vivo il neocapo di stato maggiore Abdolrahim Mousavi, anche nominato dopo l’uccisione del suo predecessore, il generale Mohammad Bagheri. Mousavi ha ordinato agli «abitanti dei territori occupati di Haifa e di Tel Aviv» di evacuare in vista dell’arrivo di una «missione punitiva». Una minaccia che non nasconde il grande nervosismo del regime teocratico: ieri il Basij, la milizia paramilitare dell’Irgc ha dichiarato che espanderà la sua presenza sulla sicurezza a livello nazionale, compresa l’apertura di più posti di blocco. Le autorità hanno arrestato decine di civili in tutte le province iraniane, accusandoli di aiutare gli avversari stranieri. Il capo della magistratura Gholamhossein Mohseni-Ejei ha ordinato la rapida esecuzione di chiunque sia ritenuto colpevole di collaborazione con Israele. «Il giudizio deve essere immediato e la punizione pubblica», ha avvertito.