Donald Trump ha ottenuto quello che, da decenni, ogni capo di Stato americano, repubblicano o democratico, chiedeva: l’impegno dei Paesi membri della Nato a investire il 5% del Pil annuo nella difesa e nella sicurezza di tutta l’Alleanza.
Certo, gli ha dato una mano il contesto generale: la minaccia non è più teorica. Dalla Russia all’Iran, il mondo è in fiamme e le aggressioni sono realtà. Anche nel cuore dell’Europa. Ma questa volta l’impegno è stato messo nero su bianco nelle conclusioni del vertice Nato che si è svolto all’Aja. Ed è stato fissato anche un termine temporale: il 2035. C’è, però, un’eccezione: la Spagna. Il premier Pedro Sanchez, infatti, ha strappato una deroga ad aumentare le spese ma solo fino al 2,1% del Pil.
Cosa che ha provocato l’ira di Trump, che ha minacciato «ritorsioni» sui dazi. «Vogliono un piccolo vantaggio», ha spiegato al termine del vertice, «ma dovranno restituircelo sul piano commerciale, perché è ingiusto». E ancora: «Sapete cosa faremo? Stiamo negoziando con la Spagna un accordo commerciale. Faremo pagare loro il doppio». Visto che «si rifiuta di pagare», che «vogliono cavarsela gratis», «dovranno restituircela sul piano del commercio». Qualche ora dopo è arrivata la replica, ma non da Sanchez, che evidentemente non vuole arrivare allo scontro diretto con Trump. A parlare è stata la vicepremier spagnola, dicendo che la Spagna non accetta «minacce da nessuno».
Per il resto, nelle conclusioni del vertice, c’è il «sovrano sostegno» all’Ucraina, ma senza parlare di una sua annessione alla Nato, né specificando gli investimenti che si intendono destinare a Kiev. E c’è la conferma che la Russia rimane, per l’Alleanza, una «minaccia a lungo termine». Il cuore della dichiarazione finale, sottoscritta da tutti i capi di Stato (compreso Sanchez), è il «ferreo impegno» «per la difesa collettiva, come sancito dall’Articolo 5 del Trattato di Washington: un attacco a uno è un attacco a tutti» e l’unità «di fronte alle profonde minacce e sfide per la sicurezza, in particolare alla minaccia a lungo termine rappresentata dalla Russia per la sicurezza euro-atlantica e alla persistente minaccia del terrorismo».
Gli Alleati si impegnano, poi, questa è la novità, «a investire il 5% del Pil all’anno nei requisiti fondamentali della difesa, nonché nella spesa per la difesa e la sicurezza, entro il 2035, per garantire i nostri obblighi individuali e collettivi».
Impegno che si declina in «due categorie». «Almeno il 3,5% del Pil» per «la difesa» e il «raggiungimento degli obiettivi di capacità della Nato». E ciascun alleato dovrà presentare «piani annuali» che indichino un «percorso credibile e progressivo». Il restante 1,5%, invece, sarà destinato «a proteggere le nostre infrastrutture critiche, difendere le nostre reti» e «rafforzare la nostra base industriale di difesa». Nel 2029 ci sarà un tagliando per verificare «l’equilibrio della spesa». Riguardo a Kiev, la dichiarazione parla di «impegno sovrano e duraturo a fornire supporto all’Ucraina».
Si parla di «contributi diretti alla difesa ucraina e alla sua industria». Non si fa cenno, però, alla futura adesione dell’Ucraina alla Nato. Mentre al vertice dell’anno scorso, a Washington, c’era stato l’impegno a sostenere «pienamente il diritto dell’Ucraina a scegliere autonomamente i propri accordi di sicurezza e a decidere del proprio futuro, senza interferenze esterne. Il futuro dell’Ucraina», si leggeva, «è nella Nato». E non figurano nemmeno riferimenti agli impegni finanziari per l’Ucraina, mentre l’anno scorso si erano indicati 40 miliardi l’anno. Anche questo un segno del clima cambiato.
Sull’aumento della spesa al 5% del Pil c’è stato, poi, un caso Spagna. Nonostante, infatti, la dichiarazione sia stata sottoscritta da tutti, il premier Pedro Sanchez ha ottenuto una deroga, sancita in lettere scambiate tra lui e Mark Rutte, per fissare l’obiettivo al 2,1%. Madrid, questo l’accordo, punterebbe a obiettivi di capacità militari e non a un target di spesa. Un’eccezione che ha provocato la sollevazione degli altri membri dell’Alleanza, oltre che di Trump. Solo Ungheria e Slovacchia hanno preso le difese della Spagna.