Mamdani, l'islamico estremista sfida Trump: caos a New York

di Costanza Cavallivenerdì 27 giugno 2025
Mamdani, l'islamico estremista sfida Trump: caos a New York
4' di lettura

Tipico di chi sa poco di storia odi quelli senza il gene della vergogna, il vincitore delle primarie del Partito Democratico per le elezioni del sindaco di New York, ha fatto il discorso della vittoria e ha esordito citando Nelson Mandela. «Come disse Nelson Mandela» ha gigioneggiato - «sembra sempre impossibile finché non viene fatto». Pausa teatrale. Applausi. «Amici miei, è stato fatto. E voi siete coloro che l’hanno fatto accadere». Per il Madiba, dopo 27 anni di galera, l’impossibile era un Sud Africa libero dai ghetti razziali. Per Zohran Mamdani l’impossibile era leggere il suo nome sulla scheda elettorale il prossimo 4 novembre, accanto a quello del sindaco in carica Eric Adams, la cui popolarità è crollata solo dopo essere stato incriminato lo scorso anno per accuse federali, tra cui corruzione e frode, e del repubblicano Curtis Sliwa, che ci riprova dopo la sconfitta del 2021, quando non riuscì a superare il 30% delle preferenze.

Meglio sarebbe stato non citare il premio Nobel, ma tralasciando la vertigine del paragone, la vittoria di Mamdani era, se non impossibile, impensabile fino a poco tempo fa. Il deputato statale del Queens, trentatrè anni di cui otto come membro dei Democratic Socialists of America, ex aspirante rapper con lo pseudonimo “Mr. Cardamom” e già produttore di musica rap, è cittadino americano naturalizzato dal 2018 e il socialismo che si appunta sulla giacca è più un ninnolo che una fede. Nato a Kampala, in Uganda, è cresciuto in una famiglia della New York salottiera, il babbo politologo e antropologo, professore di studi postcoloniali alla Columbia University, la mamma Mira Nair, celebre regista indiano-americana che nel 2001 vinse il Leone d’oro per “Monsoon Wedding”.

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Ma dal Queens, in otto mesi, è arrivato alle cronache di mezzo mondo, forte del suo 43,5% di preferenze: ha conquistato i più giovani, più ricchi, più istruiti, dai residenti degli edifici in pietra arenaria di Brooklyn alle enclave di Manhattan dell’East Village (e tanti saluti alla classe operaia). L’ex governatore dello stato di New York Andrew Cuomo, che di anni ne ha 67 e che pure aveva la notorietà, Bill Clinton accanto e in tasca 25 milioni di fondi, il maggiore finanziamento nella storia delle campagne elettorali per la carica di sindaco della metropoli, s’è fermato al 36,4%.

Mamdani ha vinto con un programma a favore dell’assistenza all’infanzia gratuita e universale, autobus gratuiti e velocissimi (vuole allargare le corsie preferenziali), blocco degli affitti (sofisticatissimo utente dei social network, ha fatto un video in cui si tuffava nell’Atlantico per promuovere la proposta di congelare gli affitti), tasse più alte per i ricchi e le aziende, negozi di alimentari di proprietà comunale. E con il sostegno del dinosauro Bernie Sanders, della potenziale candidata democratica alle presidenziali del 2028 Alexandria Ocasio-Cortez e di una coalizione di celebrità, dalla modella Emily Ratajkowski (che è andata alle urne indossando una t-shit con la scritta “Hot girls for Zohran”) al comico Bowen Yang (che ha messo la sua firma sul pamphlet “Queer for Palestine”).

Che colpo di fionda: per i newyorkesi in generale e per i democratici in particolare. Perché se il socialismo è soltanto una spilletta, certamente non lo è l’estremismo anti-israeliano che il trentatreenne incarna e feconda nel luogo che ospita la più vasta popolazione ebraica al mondo dopo Israele, la patria di Isaac Bashevis Singer, di Woody Allen e del pastrami sul pane di segale. «Finalmente è successo, i Democratici hanno superato il limite. Zohran Mamdani, un pazzo comunista al 100%, ha appena vinto le primarie dem e si avvia a diventare sindaco. Abbiamo già avuto dei radicali di sinistra, ma questo sta diventando un po’ ridicolo". Così in un post su Truth social Donald Trump ha commentato il successo di Mamdani.

L’impegno di Mamdani nell’attivismo pro-Pal non deriva soltanto dal fatto che è di fede musulmana sciita: durante la campagna elettorale ha regolarmente visitato le moschee, ha parlato del caro prezzi della città davanti a un chiosco di cibo halal, ha fatto un video in cui interrompeva il digiuno del Ramadan divorando un enorme burrito. Se verrà eletto, sarà il primo sindaco musulmano di New York.

Quello di Mamdani è un attivismo ideologico: nel 2023, ha presentato un disegno di legge per porre fine all’esenzione fiscale per le organizzazioni benefiche di New York legate agli insediamenti israeliani che, a suo giudizio, violano i diritti umani (il disegno di legge è stato ritenuto “inapplicabile”), sostiene il movimento Bds (acronimo per Boycott, divestment, sanctions, il movimento internazionale che boicotta le società che portano l’etichetta “Made in Israel”), ha affermato che il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, dovrebbe essere arrestato. Soprattutto ha paragonato la rivolta nel ghetto di Varsavia al “genocidio” nella Striscia di Gaza e ha lanciato un appello per «una intifada a livello globale».

E quel che è peggio è che il toyboy del East coast è irresistibile come quello che arrivava dall’Illinois: «Non vedevo un entusiasmo simile da quando Barack Obama si è candidato alla presidenza degli Stati Uniti», ha detto Letitia James, la procuratrice generale dello stato. Che la città più progressista d’America partorisse la risposta più forte e ammiccante e baciata dal dio della giovinezza contro Donald Trump c’era da aspettarselo. Meno prevedibile, ha scritto il Telegraph, che nella città più ebraica d’America possa essere eletto un antisemita.

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