I pregiudizi su Trump leader della pace

La forsennata campagna anti Trump che è in corso non ha precedenti. Non si tratta solo delle irrisioni e delle espressioni discutibili, ma anche delle critiche politiche infondate, come quella – assai ripetuta ultimamente – per cui Trump avrebbe gettato il mondo nel caos di una generalizzata conflittualità bellica
di Antonio Soccilunedì 30 giugno 2025
I pregiudizi su Trump leader della pace
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La forsennata campagna anti Trump che è in corso non ha precedenti. Non si tratta solo delle irrisioni e delle espressioni discutibili, ma anche delle critiche politiche infondate, come quella – assai ripetuta ultimamente – per cui Trump avrebbe gettato il mondo nel caos di una generalizzata conflittualità bellica. È vero l’esatto contrario. Come ha ricordato la stessa premier italiana Giorgia Meloni, in Parlamento, l’invasione russa dell’Ucraina è iniziata il 24 febbraio 2022 e il conflitto fra Israele e Hamas è scoppiato il 7 ottobre 2023. C’era Biden, non Trump che si è insediato solo cinque mesi fa, il 20 gennaio 2025. Su queste colonne abbiamo documentato che egli ha ereditato dalla precedente amministrazione Dem un mondo in fiamme. Infatti, entrando alla Casa Bianca, ha trovato circa 56 conflitti in corso sul pianeta, “il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale”, come afferma la 18a edizione del Global Peace Index dell’Institute for Economics & Peace (IEP). Perciò quando Leone XIV, nei giorni scorsi, ha pronunciato parole drammatiche sul «dilagare della guerra» stava fotografando il vecchio mondo (diciamo quello del 2024), quello in cui la prima potenza planetaria era a guida Dem: una guida che non ha fatto nulla per far cessare i conflitti, come non ha fatto nulla la UE.

Anzi, talora hanno gettato benzina sul fuoco (stendiamo un pietoso velo sull’Onu). Non a caso papa Francesco, negli anni passati, parlava di una «guerra mondiale a pezzi» che si stava combattendo duramente. Ora, da cinque mesi, c’è una novità importante che cambia questo cupo scenario: la principale potenza planetaria ha un nuovo presidente – proprio quel Trump attaccato dai media – che persegue una politica di pacificazione di tutti i conflitti con una determinazione mai vista in questi anni, da parte di nessuno. Ha messo fine – si direbbe d’imperio – all’unica nuova guerra scoppiata durante la sua presidenza, quella “dei dodici giorni” fra Israele e Iran che poteva allargarsi in un conflitto molto più vasto e più grave. E non gli viene riconosciuto. Certo, lo ha fatto in un modo molto singolare: senza bombardare la popolazione civile, ma distruggendo un laboratorio di armi atomiche che costituiva l’oggetto del contendere. Così non solo ha imposto la tregua ai belligeranti, facendo cessare i bombardamenti reciproci, ma ha anche realizzato (almeno per quanto riguarda il pericoloso regime iraniano, che egli cerca di riportare alle trattative) quella distruzione degli ordigni nucleari (in lavorazione) che i pacifisti da sempre chiedono a parole. Lui lo ha fatto. Tuttavia è tale il “pregiudizio universale” verso Trump che neanche questo merito gli è riconosciuto. Anzi, viene dileggiato nelle manifestazioni pacifiste. Ma l’uomo è tenace e prosegue nella pacificazione di questo folle mondo. Venerdì scorso è stato firmato a Washington il trattato di pace fra la Repubblica democratica del Congo e il Ruanda che ha messo fine a una guerra trentennale.

È una grande notizia, ma di nuovo non vengono riconosciuti meriti a Trump. Tuttavia sono evidenti a tutti se, pur a pagina 19 di Repubblica, Leonardo Martinelli arriva correttamente a scrivere: «Una cosa comunque è certa: Trump è riuscito in quello che, fino a poco tempo fa sembrava impossibile». Anche per l’iniziale conflitto fra India e Pakistan (due potenze con l’atomica) c’è stato il «deciso intervento diplomatico» di Trump, tanto risolutivo che il Pakistan ha proposto per lui il Nobel per la pace. Ma non lo avrà. Troppo fuori dalle ideologie dominanti. Eppure in soli cinque mesi Trump ha fatto per la pace molto più dei suoi predecessori nei loro annidi presidenza. Durante i quali, anzi, spesso hanno attizzato fuochi. Ovviamente sappiamo che Trump non è un santo. È uno statista. Ha un carattere spigoloso e spesso le sue sortite sono fuori dal galateo. Ma certamente sta lavorando per la pace come nessuno. Si dirà che è nell’interesse degli Stati Uniti. Ovvio che abbia come obiettivo anzitutto il bene del suo Paese. Ma di sicuro detesta le guerre, questo è evidente e dichiarato (anche Berlusconi aveva lo stesso sentimento): preferisce far prosperare l’economia e far crescere il benessere. Ritiene che questa politica di pacificazione e di stabilizzazione sia un bene per gli Stati Uniti, ma è un bene anche per tutti noi. Molto meritori sono anche gli sforzi che sta facendo per raggiungere una tregua a Gaza (forse ora ci siamo vicini) e per fermare il conflitto fra Russia e Ucraina, un lavoro che fino ad oggi non ha avuto successo (se non per uno scambio di prigionieri fra le parti), nonostante il suo impegno che – invece di essere riconosciuto – ha convogliato sudi lui ancora ironie e giudizi sprezzanti. Talvolta sembra quasi che ci sia chi è soddisfatto del suo (provvisorio) fallimento sul fronte ucraino/russo. Dimenticando però che così continua la guerra che nessuno, prima di lui, si è impegnato a fermare. Dispiace a molti doverlo ammettere, ma Trump rappresenta oggi la vera chance per la pace. www.antoniosocci.com

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