Anche davanti alle prove in Occidente non si parla degli stupri delle israeliane

C’è una nuova religione nelle nostre città e nell’Occidente tutto, il cui idolo è Hamas e nella quale i Pro-pal credono devotamente. È una fede ideologica, idolatra, ed è interessata solo alle cose del presente e a un vago futuro
di Costanza Cavallimercoledì 9 luglio 2025
Anche davanti alle prove in Occidente non si parla degli stupri delle israeliane
3' di lettura

C’è una nuova religione nelle nostre città e nell’Occidente tutto, il cui idolo è Hamas e nella quale i Pro-pal credono devotamente. È una fede ideologica, idolatra, ed è interessata solo alle cose del presente e a un vago futuro. È una fede senza radici né mistero. Nel pieno di questa esaltazione luciferina finalizzata a sradicare la storia e a spazzar via ogni evento che intralci l’adorazione dell’idolo, i difensori dei terroristi hanno già vinto una battaglia: i media che hanno parlato degli stupri perpetrati da Hamas si contano sulle dita di una mano. Anche oggi, alla luce del nuovo rapporto relativo alle violenze sessuali usate in modo sistematico come arma durante il pogrom. «A Quest for Justice: October 7 and Beyond», è il titolo dello studio lungo 80 pagine, «Una ricerca per la giustizia: il 7 ottobre e oltre»: è lo studio più completo redatto finora. Ma anche ieri sui giornali c’era un silenzio liturgico, per cullare l’idolo appunto. Al massimo, si è trovato un articolo a pagina cinque, in basso. Alle donne stuprate da Hamas è andata peggio che a Dinah, il personaggio biblico che dà il nome al progetto che ha pubblicato il rapporto, il “Dinah Project”. Dinah, unica figlia di Giacobbe, venne stuprata, si legge nel Libro della Genesi, ma non venne ascoltata. Le israeliane – aggredite, spogliate, costrette a nudità forzata, legate agli alberi, molestate, violentate, minacciate di matrimonio forzato, secondo uno schema ricorrente eseguito in almeno sei località - hanno dovuto aspettare mesi per essere raccontate e ieri per essere ribadite, ma anche oggi non vengono lette, figurarsi se qualcuno ne parla. Sistematiche le violenze di Hamas, sistematico l’oblio.

Nel rapporto si sottolinea la profonda delusione per la debole risposta delle organizzazioni internazionali, in par ticolare l’ente dell’Onu “Un Woman”, che mai hanno condannato i crimini che già erano emersi mesi fa, nel corso di indagini giornalistiche internazionali. Così come erano emerse nel marzo 2024, in un rapporto pubblicato dalla rappresentante speciale sulla violenza sessuale nei conflitti dell’Onu, Pramila Patten: aveva rilevato che «la violenza sessuale si era verificata in diverse località durante gli attacchi del 7 ottobre 2023» e aveva trovato «informazioni convincenti» per ritenere che tali violenze potessero «essere ancora in corso contro gli ostaggi».

Non solo: nei suoi mandati di arresto per i leader di Hamas, anche la Corte penale internazionale ha rilevato il ricorso a stupri e violenza sessuale contro gli ostaggi. L’obiettivo del rapporto sarebbe proprio «combattere la negazione, la disinformazione e il silenzio globale», hanno scritto le autrici, la professoressa Ruth Halperin-Kaddari, direttrice del Centro Rackman per l’Avanzamento della Condizione della Donna presso l’Università Bar-Ilan, Sharon Zagagi-Pinhas, ex procuratrice militare capo, e la giudice emerita Nava Ben-Or. Secondo Halperin-Kaddari «le donne di tutto il mondo hanno scelto di restare in silenzio, e questo è un fallimento morale profondo». A maggior ragione in Occidente, dove lo standard è “credere alle vittime”, persino a quelle a favore di flash che sfilavano sui tappeti rossi della cerimonia degli Oscar vestite di nero e parlavano di #MeToo (e si sono rivelate una patinata presa in giro che non costava alcuna fatica). Niente di scioccante, di doloroso, di necessario, come la first lady israeliana Michal Herzog ha invece definito il rapporto. «Il mondo non può permettersi di chiudere gli occhi», ha commentato Zaggi-Pinhas. E invece può: la parola, la verità, sacrificata sull’altare del nuovo idolo. A noi non resta che interrogare il silenzio.

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