Domanda: qual è l’uomo politico più pericoloso? Risposta: la tipologia maggiormente insidiosa è quella del politico disperato (o del disperato politico, il che fa lo stesso). Mi spiego con un esempio, anzi con un nome e un cognome: Emmanuel Macron. Livelli massimi di impopolarità in patria; immigrazione e estremisti islamici fuori controllo; economia debolissima; sistema produttivo alle corde. Nel frattempo, tutta la retorica riformista che aveva accompagnato la sua ascesa politica è miseramente evaporata: peggio, il solo rievocarne il ricordo produce nei francesi rigetto e rabbia. L’ultimo anno è stato addirittura devastante per lui, e - a causa sua per i suoi connazionali. Dopo il rovescio alla Europee, ha convocato elezioni politiche immediate al solo scopo di fermare la Le Pen e Bardella. E in qualche modo ci è riuscito: ma al prezzo di mettere insieme tutto e il contrario di tutto, vecchi residuati comunisti e estremisti pro Pal. Risultato? Nessuna maggioranza parlamentare; un governo è già venuto giù; e un altro- quello attuale è a sua volta fragile nei numeri e anemico nella consistenza politica. E allora, davanti a questo campo di macerie fumanti, che cosa fa Macron? Cerca di darsi una dimensione di leadership internazionale, di trasformarsi in “campione anti-Trump”. Ma è proprio qui che il politico disperato - come si diceva all’inizio - diventa pericoloso.
L’ultima alzata di ingegno è stata la sua uscita dell’altra sera per il riconoscimento immediato della Palestina come Stato. Demagogia pura, per tentare di incanalare in termini di consenso personale il poderoso vento anti-Netanyahu (in molti casi, anti-Israele e perfino antisemita) che spira nelle nostre società. Macron sa bene che la sua proposta - allo stato attuale - non esiste e non può esistere almeno per quattro elementari ragioni. Primo: perché finché Hamas imperversa, non può esserci alcun riconoscimento di un’entità che oggi è ancora purtroppo sottoposta all’ipoteca terroristica. Secondo: perché, prima di dire sì, Israele pretende ovvie garanzie di sicurezza. Terzo: perché gli Stati Uniti non sono favorevoli, in questa situazione ancora confusa. Quarto: perché la stessa (giustificata e comprensibile) aspirazione palestinese ad avere un’entità statuale dipende dallo scioglimento dei nodi che abbiamo citato, a partire una volta estirpato il cancro chiamato Hamas - dall’individuazione del soggetto che possa farsi garante della transizione (e pare difficile che sia l’Onu, dopo le ambiguità di tutti questi anni).
Giorgia Meloni frena Macron: "Lo Stato di Palestina? Non è il momento"
Riconoscere lo Stato di Palestina, ma non ora. Giorgia Meloni a riguardo è stata chiarissima. Interpellata sull...Non a caso, ieri mattina il francese ha dovuto incassare il feroce sarcasmo dell’ambasciatore Usa a Gerusalemme Mike Huckabee: «La “proclamazione” (ndr: notare le virgolette) unilaterale di Macron di uno Stato palestinese non precisava dove esso dovrebbe sorgere. Posso rivelare in esclusiva che la Francia offrirà la Costa Azzurra e che la nuova nazione si chiamerà “Franc-en-Stine”». Colpito e affondato. Ma a Macron l’ennesima umiliazione dagli Usa non interessa. Con cinismo e irresponsabilità, pensa solo a se stesso e alla sua immagine. Se ci pensate, è una coazione a ripetere. È lo stesso schema con cui, qualche anno fa, proclamò la «morte cerebrale» della Nato, salvo ora presentarsi come campione atlantista. È la stessa logica con cui ha cercato - mentre ad esempio l’Italia cercava di ricucire - di allargare le distanze tra Trump e Zelensky, salvo poi, nella celebre scena di San Pietro, provare senza successo a conquistarsi una terza seggiola tra il presidente francese e il leader ucraino. Ed è- ancora una volta- lo stesso spregiudicato protagonismo con cui negli ultimi mesi ha convocato vertici a Parigi ignorando e travolgendo le forme e gli organismi di quella stessa Ue di cui si proclama sostenitore.
A tutto questo si aggiunge la vera e propria ossessione politica anti-Meloni che anima Macron, e che fa letteralmente impazzire di rabbia l’inquilino dell’Eliseo. Il leader francese vede nel governo italiano la prefigurazione di una sua possibile sconfitta in Francia per mano della destra, che prima o poi avverrà. Non solo: Meloni si è rivelata una protagonista della scena internazionale, mentre lui ne prevedeva una facile marginalizzazione in quanto “fascista”, nel racconto che anche Parigi ha contribuito per mesi a orchestrare. E per giunta Meloni ha costruito un rapporto cordiale e di simpatia con Trump, cosa che certo non si può dire sia accaduta per Macron. Sarà bene tenere a mente una fulminante battuta di qualche anno fa di Nile Gardiner, già consigliere di Margaret Thatcher: «Macron è un totale backstabber». Per la cronaca, le traduzioni possibili in italiano della parola backstabber sono (dalla più figurata alla più letterale): traditore, uno che fa o dice cose alle spalle, pugnalatore alla schiena. La sua natura politica è questa. E questo è l’uomo politico tuttora idolatrato dalla sinistra e dai giornali italiani. Sarà bene tenersene alla larga. E anzi utilizzarlo come utile bussola per orientarsi: se assume un’iniziativa, vale la pena di diffidarne. Per principio. Stavolta più del solito.