Il piano di Trump per Gaza: "L'America sfamerà tutti"

Anche l'Italia lancerà aiuti alla popolazione della Striscia. Si allunga la lista dei Paesi che riconoscono la Palestina, ma la Germania non ha troppa fretta
di Amedeo Ardenzasabato 2 agosto 2025
Il piano di Trump per Gaza: "L'America sfamerà tutti"
4' di lettura

L’America è arrivata a Gaza in grande stile con l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Mike Huckabee. Su X, l’inviato speciale ha spiegato di essere rimasto cinque ore a Gaza «per capire con chiarezza i fatti sul terreno, per valutare le condizioni e incontrare la Gaza Humanitarian Foundation». Una visita approfondita alle strutture della Ghf, l’organizzazione americana che da maggio distribuisce aiuti umanitari ai palestinesi, «per fornire al presidente Donald Trump una visione chiara della situazione umanitaria e creare un piano per la consegna di cibo e medicinali al popolo di Gaza», ha continuato Witkoff. La Ghf è stata al centro di accuse incrociate fra Hamas e Israele con il gruppo terrorista che accusa le forze di sicurezza dello Stato ebraico di sparare sui gazawi in fila per ricevere gli aiuti americani, causando decine di morti ogni giorno. Accuse che Israele rispedisce al mittente come del tutto inventate da Hamas per tenere i gazawi lontani dagli aiuti.

È vero che il gruppo terrorista non vuole che il cibo circoli a Gaza al di fuori del suo controllo, senza cioè che i suoi dirigenti possano accaparrare quanti più aiuti possibili; oggi, poi, Hamas ha interesse a che i gazawi siano sempre più poveri e affamati per mettere in cattiva luce gli israeliani e guadagnare consensi alla causa palestinese.

Ecco dunque spiegata la presenza di Witkoff nell’enclave palestinese: «Vogliamo aiutare le persone. Vogliamo aiutarle a vivere. Vogliamo sfamare la gente. È qualcosa che sarebbe dovuto accadere molto tempo fa», ha affermato rivolto ad Axios il presidente Trump, accusando Hamas di rubare e poi rivendere gli aiuti che entrano nella Striscia.

Sullo stesso tema le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto, secondo cui dal 9 agosto anche l’Italia comincerà a paracadutare cibo e beni di prima necessità su Gaza. «La missione, denominata “Solidarity Path Operation 2”», ha spiegato il ministro, “prevede l'impiego di velivoli da trasporto C-130J dell’aeronautica militare, che effettueranno il lancio di speciali contenitori con all'interno generi essenziali». L'intervento sarà realizzato assieme alle forze armate del Regno di Giordania. «Nei prossimi giorni», ha aggiunto Crosetto, «è previsto anche un nuovo volo speciale dell’Aeronautica Militare per trasportare ulteriori pazienti che riceveranno assistenza medica in Italia».

Ieri, intanto, le Israel Defense Forces (Idf) hanno informato di aver facilitato la più grande operazione di lancio di aiuti da quando sono ripresi gli sforzi per sostenere la popolazione di Gaza: 126 pacchi di aiuti umanitari sono stati paracadutati sulla Striscia da aerei di sei paesi: Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti e, per la prima volta da oltre un anno, Spagna, Germania e Francia. Le Idf hanno poi affermato che «continueranno a lavorare per migliorare la risposta umanitaria nella Striscia, insieme alla comunità internazionale, respingendo le false accuse di affamare deliberatamente la popolazione di Gaza».

Witkoff spera poi di rilanciare il negoziato fra Israele e Hamas per la liberazione dei 50 ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo terrorista. Giorni fa Hamas ha rifiutato la proposta dello Stato ebraico, mediata da americani, egiziani e qatarioti, per una tregua di 60 giorni con il ritorno a casa solo di una parte delle persone sequestrate 22 mesi fa. Il nuovo tentativo dell’inviato speciale si baserà invece su un unico scambio: il rientro di tutti gli ostaggi, vivie morti, la scarcerazione di un numero da individuare di detenuti palestinesi in carcere in Israele e la cessazione delle ostilità senza limiti di tempo. Un accordo quasi impossibile: per Hamas gli ostaggi sono l’ultima carta per non essere distrutta dalle Idf, mentre Israele non vuole che il gruppo terrorista abbia alcun ruolo nel futuro di Gaza.

Quella di Witkoff è una doppia missione tutta in salita: ieri Basem Naim, ex ministro della Sanità a Gaza, ha condannato la sua apparizione nella Striscia definendola «una visita personale inscenata per un'opportunità fotografica». «Il popolo di Gaza non è un gruppo di mendicanti», ha continuato l’esponente di Hamas rivolto alla Cnn, «ma un popolo libero, orgoglioso e nobile che cerca solo la libertà, l'indipendenza e il ritorno in patria», ha concluso accennando così alla richiesta di “ritorno” di centinaia di migliaia di discendenti di profughi palestinesi nell’Israele storico.

Ieri intanto è ripresa la corsa al riconoscimento della Palestina: il presidente della Finlandia, Alexander Stubb, si è detto pronto a riconoscere la Palestina «appena il consiglio dei ministri me lo chiederà». Oggi quasi 150 paesi riconoscono la statualità palestinese. Sul tema l’Ispi ha pubblicato una mappa. In Africa, i Paesi per i quali la Palestina non è uno Stato sono solo il Camerun e l’Eritrea. Pochissime le defezioni anche in Asia con Giappone, Corea del Sud e Myanmar. E mentre l’Oceania procede compatta verso Ramallah, nelle Americhe spiccano Panama, la sola nazione sudamericana che non riconosce la Palestina, il Canada che ha annunciato, invece, che lo farà, e gli Stati Uniti di Donald Trump, al momento immuni da infatuazioni pro-Pal. Più movimentata la situazione in Europa: qui hanno detto di sì, tra gli altri, alla Palestina, i due Paesi iberici, gli scandinavi (ma non i danesi e non ancora i finnici) e l’Irlanda. Quasi tutto pro-Ramallah l’ex blocco del Patto di Varsavia, Ungheria inclusa, al netto del no opposto dalle tre Repubbliche Baltiche. E mentre Parigi e Londra ci pensano, no ancora da Italia, Austria, Svizzera, dal Benelux, dalla Macedonia del Nord e dalla Moldova.

Ieri il ministro tedesco degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha spiegato che la Germania potrebbe riconoscere la Palestina solo alla fine di un processo di pace e la soluzione due popoli-due Stati. Il primo passo per Berlino è che Hamas liberi tutti gli ostaggi.

ti potrebbero interessare

altri articoli di Esteri