Da una parte c’è Luiz Inácio da Silva detto Lula, il presidente brasiliano al suo terzo mandato che secondo una vecchia definizione di Obama è il “politico più popolare del mondo” e gode del favore di tutta la stampa internazionale. Dall’altra c’è Javier Milei, il presidente argentino della motosega, quello che secondo una lettera pubblicata dal Guardian e firmata da 100 economisti di fama mondiale avrebbe provocato al suo Paese nient’altro che «devastazione». Ebbene il 79enne brasiliano, portato in palmo di mano da tutti gli ecosinistri terzomondisti del pianeta, a distanza di due anni e mezzo dall’inizio del suo ritorno alla presidenza gode di una popolarità ai minimi storici, con solo il 24% della popolazione che approva il suo operato. Il vituperato argentino invece a poco più di un anno e mezzo dalla sua elezione vanta un’approvazione di quasi il doppio attestandosi al 44%, una sorta di record per uno che veniva considerato una specie di pericoloso buffone.
Il motivo sta nei risultati delle loro rispettive politiche sull’inflazione che a dispetto di altri dati economici come Pil, deficit ecc, ha un impatto immediato sulla vita della popolazione, specie di quella con redditi più bassi. I dati vanno contestualizzati, perché il 5,2% brasiliano su base annua in termini assoluti è più basso rispetto al 28% argentino, ma mentre le politiche di Lula hanno aumentato l’inflazione di un punto percentuale, unico caso tra le economie più avanzate nell’ultimo anno, quelle di Milei l’hanno ridotta in modo sbalorditivo dall’astronomico 211% registrato nel 2023.
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Facciamoli impazzire: i compagni, intendo. Già da giorni è uno spettacolo assistere alla crisi isterica de...Lula aveva promesso che il 2025 sarebbe stato «l’anno del raccolto», che i brasiliani sarebbero tornati a «mangiare picanha», il taglio di carne bovina più diffuso in Brasile ma fuori dalla portata di molti. Sta succedendo l’esatto contrario, con i prezzi dei prodotto alimentari aumentati di oltre il 7%. La banca centrale brasiliana sta reagendo all’inflazione aumentando i tassi mese dopo mese (attualmente sono al 15%) e facendo infuriare Lula di conseguenza. I tassi di interesse in Argentina sono invece al 29%, con un differenziale sull’inflazione praticamente nullo. Milei ha raggiunto questi obiettivi senza controlli sui prezzi ma liberalizzando l’economia e promuovendo la fiducia dei mercati. La sua motosega ha permesso di raggiungere il pareggio di bilancio, conseguito attraverso un aggressivo programma di tagli alla spesa pubblica, attraverso l’eliminazione della burocrazia e la riduzione dei posti di lavoro nel settore pubblico.
Lula invece sta aumentando spesa pubblica e deficit, mese per mese. Sotto questo punto di vista il Brasile di Lula vanta 2 record: quello delle aziende sotto il diretto controllo statale, ben 637, e quello simbolico di un governo con 40 ministeri (l’Italia è arrivata al massimo a 15). Seguendo la sua strada derisa dagli illuminati il presidente Milei ha anche ridotto la povertà, il cui tasso è sceso dal 53% di gennaio 2024 al 34,7% di maggio 2025. Due milioni di argentini ne sono usciti e ringraziano. In Argentina è tornato a crescere anche il Pil, con un balzo record atteso per il 2025 del 5,5%. Cresce anche in Brasile, ma meno del previsto. E grazie anche alla stabilizzazione del cambio del pesos, con l’uscita dal cosiddetto «cepo cambiario», nonché a un sistema di incentivi fiscali, diverse multinazionali sono tornate a investire. Il successo di Milei è ufficiale col ritorno con fiducia del Fondo Monetario Internazionale che è tornato a concedere prestiti a Buenos Aires.